Per fortuna il calcio italiano ha rialzato la testa in Europa, l'orgoglio ha illuminato di immenso i più. Rientrato nel condominio casalingo ecco che la serie A ha offerto il peggio di sè, derby di Roma e derby cosiddetto d'Italia. Totale, pochissimo football, espulsioni, risse, polemiche, var il repertorio classico di un sistema, quello italiano, tornato agli anni bui, quelli dei sospetti e delle minacce. Le tecnologie non hanno segnato un miglioramento delle categorie, calciatori, allenatori, dirigenti, arbitri e giornalisti, i comportamenti di tutti sono grossolani, faziosi, tra Lazio e Roma si è scaduti nella zuffa, tra provocazioni, nudità, insulti, la madre di tutte le partite capitali della capitale, come del resto accade nei derby veri, sanguigni in Inghilterra, Spagna o nelle squadre di Torino e Milano, siti dove almeno la storia registra scudetti e coppe internazionali, a Roma non si viaggia oltre il GRA, acronimo per grande raccordo anulare e la città eterna è eterna anche in queste polemiche, nel vittimismo, nel martirio continuo. Fatta eccezione per quel gentiluomo che fu Liedholm gli eredi del barone si sono tutti esibiti nel teatro dei burattini, l'ultimo mattatore, il portoghese esimio, ha trasmesso all'ambiente la strategia della tensione, al primo fischio dell'arbitro, il gladiatore Josè Quinto (in classifica) Mourinho urla al mio segnale scatenate l'inferno e così accade.
A Milano Simone Inzaghi dopo aver definito storica la qualificazione dell'Inter i quarti di Champions, come se si trattasse di una Lazio qualunque, ha sfoderato lo spirito bellico contro la Juventus e gli errori inaccettabili, dimenticando queste illustri dichiarazioni: «Polemiche da Napoli sull'arbitro Sozza? Il calcio deve migliorare, sarà un giorno fantastico quando non guarderemo neanche più l'arbitro». Autore della frase, Inzaghi, non Pippo ma proprio Simone. Alla prossima.
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