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Il rito della partita battaglia che vale come una Coppa

Viola e bianconeri da sempre rivali. E non è colpa di Baggio o delle parole di Allegri a Bernardeschi

Il rito della partita battaglia che vale come una Coppa

Prima o poi deve capitare. Che la Juventus debba andare a Firenze. E che la Fiorentina debba ospitare la Juventus. Non c'è nulla di banale, ciò che è previsto diventa imprevedibile perché la partita mette di fronte due rivali nemiche, roba forte, alimentata da quel finale di scudetto dell'Ottantadue, quando a Cagliari la squadra dei conti Pontello si fermò sul pari, con un gol di Graziani annullato dall'arbitro Mattei per presunto fallo di Bertoni sul portiere Corti. Si salvarono i sardi e la Fiorentina si ritrovò con la bile della vittoria juventina a Catanzaro per il rigore di Liam Brady. Fu l'inizio della rivolta contro i maledetti gobbi che già covava dal Ventotto, quando i torinesi travolsero 11 a 0 la Fiorentina ma la rabbia ha avuto altre pompe di carburante alle quali rifornirsi, una finale di coppa Uefa, acide storie di mercato, il trasloco a Firenze di bianconeri vari, Trapattoni, Chiellini, Gentile, Miccoli, Balzaretti ma soprattutto il caso Baggio, il tradimento del fuoriclasse, o meglio dei dirigenti viola. Oggi ci sono uguali premesse per la polveriera del Franchi. Ci ha messo del suo il livornese Allegri che, rimproverando Bernardeschi per alcune giocate leziose, gli ha urlato «Sveglia, non sei alla Fiorentina». Ora quello strillo durerà novanta minuti e più e sarà l'urlo del popolo viola contro l'allenatore e la sua orchestra. Il repertorio di insulti preannuncia l'esaurito, la lingua di Dante si presta al gioco, si possono prevedere inferno, purgatorio e paradiso, dipende dai gusti.

La Juventus di Ronaldo esibisce il proprio strapotere, la Fiorentina di Chiesa ha la voglia matta di fare lo scherzo che già riuscì nell'anno di Antonio Conte, quando i bianconeri, sicuri e spavaldi del due a zero, con i colpi di Tevez e Pogba, si fecero travolgere da quattro gol, tre dei quali realizzati da Pepito Rossi che ha ricordato, molti anni dopo, di aver visto piangere la folla fiorentina come se avesse conquistato la coppa dei campioni. Perché, in fondo, questa partita ha il gusto di un trofeo, di una guerra (calcistica), una caccia antica per vendicarsi dei torti e delle ingiustizie che i tifosi sostengono di avere subìto e che i nuovi padroni del club, i fratelli Della Valle, soprattutto l'azionista Diego, hanno tenuto vivo con beffarde parole all'indirizzo della famiglia rivale: «L'Italia cambierà quando capirà quanto male ha fatto al Paese questa famiglia». Le cronache hanno poi smentito la profondità dell'odio quando Federico Bernardeschi, un anno fa, ha lasciato Firenze per la Juventus in cambio di milioni quaranta: dinanzi al denaro vile si può passare oltre i litigi da vecchie zitelle inacidite. Resta il football, per fortuna, resta la partita che può dire ulteriori cose alla Juventus e al campionato ma, pure, ridare un significato alla lotta di vertice, nel caso in cui la Fiorentina tornasse a far piangere i propri tifosi. La designazione di Orsato ha e sta provocando i soliti sospetti nostrani, nemmeno il Var ha pulito bocche e coscienze. Si spera che il Franchi si limiti ai fischi e agli insulti di repertorio, senza superare i confini della decenza ormai cancellati nei nostri stadi di calcio. Pioli, un altro ex juventino, ha detto che, se potesse, toglierebbe Chiellini ai rivali, perché è uno che sposta gli equilibri (informate Bonucci). Allegri ha pronto Bernardeschi, tanto per alzare la fiamma.

Si giochi e basta.

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