La Roma sotto l'albero deve fare i conti con la Juve alla romana

L'asse Szczesny-Benatia-Pjanic chiave del gioco di Allegri. Dybala e Dzeko stelle da recuperare

La Roma sotto l'albero deve fare i conti con la Juve alla romana

Lo scudetto sotto l'albero. Juventus-Roma all'antivigilia di Natale è un regalo da scartare con cura. Lo dice Massimiliano Allegri: «I giallorossi sono più favoriti delle altre per il titolo». Lo ribadisce Eusebio Di Francesco: «I bianconeri sono un esempio». Sfida tricolore, non fosse altro per il fatto che nella sestina della Signora, tre volte la Roma è finita alle sue spalle. Prima antagonista della squadra che domina da sei stagioni. E non inganni la classifica, la seconda contro la quarta (ma con una gara da recuperare per De Rossi e soci). Stasera all'Allianz Stadium si affrontano il miglior attacco contro la miglior difesa. I numeri, ribaltati rispetto all'anno scorso, danno la dimensione della sfida scudetto. Non le parole.

Due squadre che si assomigliano, anzi la Juve sembra una vecchia Roma nell'ossatura. Dai giallorossi direttamente o indirettamente sono arrivati gli eredi di Gianluigi Buffon (passaggio di consegne in corso), Leonardo Bonucci e Andrea Pirlo. Perché la spina dorsale che Allegri schiererà questa sera affronterà il suo passato: Szczsny, Benatia e Pjanic. È anche la sintesi perfetta di una strategia che la forza della Juventus ha esaltato ad esempio nell'acquisto di Gonzalo Higuain: andare a prendere i migliori dalle concorrenti dirette. Escluso Benatia, intermezzo al Bayern Monaco, sia il portiere polacco che il regista bosniaco tolta la maglia giallorossa hanno indossato quella bianconera. E ne sono diventati punti di forza, degni eredi di giocatori che hanno fatto la leggenda del club bianconero. Lo stesso difensore marocchino, da quando ha trovato continuità, è diventato un baluardo: titolare in sei delle ultime sette partite (coppa Italia esclusa) in cui la Juventus ha chiuso a chiave la porta subendo zero gol. Pjanic ha preso possesso della squadra, direttore d'orchestra che assomiglia sempre di più al Maestro. E Szczsny si sta garantendo l'eredità di Gigi a suon di prestazioni convincenti.

La Roma si specchierà nel suo passato, ma Di Francesco assicura: «Questa è una partita importantissima, magari non decisiva, ma dall'enorme valore psicologico - ammette il tecnico della Roma -. Sicuramente l'identità della mia squadra però non cambierà. Di certo non andremo lì per fare una gita, fare punti ci darebbe tantissimo entusiasmo». C'è un piccolo particolare: nella casa della Juventus i giallorossi hanno sempre perso. E però Allegri avverte i suoi perché «affrontiamo una squadra che in trasferta ha subito solo tre gol, non è mai stata in svantaggio, nemmeno un minuto».

Però il problema è un altro, buttarla dentro. L'emblema della difficoltà si chiama Edin Dzeko: un gol in campionato nelle ultime dieci partite, negli ultimi due mesi. Inoltre la coesistenza con Schick, una sorta di ex per quanto successo in estate corteggiato e abbandonato dalla Juve e poi preso dalla Roma, è ancora un rebus. Ma alla Juve c'è un problema ancora più grande e non sono i tredici punti nel polpaccio di Manduzkic, che vuole esserci a tutti i costi. L'enigma vero si chiama Paulo Dybala, tenuto in forse da Allegri anche ieri. La Joya, dopo essere partito dalla panchina contro l'Inter, in ballottaggio anche alla vigilia di un altro big match. Non è certamente il segnale di una situazione in miglioramento, non è bastato il gol al Genoa in coppa Italia.

L'allenatore indica quattro titolari, tra questi non c'è il numero dieci: «Nel 2017 è il giocatore che ha giocato più di tutti, 38 partite, quindi se una volta è stato in panchina non succede niente, è successo ai grandi campioni, tanti altri grandi campioni che sono passati nella Juventus sono stati anche più di una partita in panchina, quindi l'importante è che Paulo torni a essere Dybala». Essere se stessi per Juventus e Roma questa sera significherebbe mettere un messaggio da scudetto sul regalo di Natale.

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