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Sacchi: ''Ho cambiato il calcio mondiale. In Italia mancano stile ed emozioni''

Arrigo Sacchi confessa: ''Forse ho cambiato il modo di giocare a calcio nel mondo, ma in Italia no. In Italia c'è un rifiuto culturale al cambiamento''

Sacchi: ''Ho cambiato il calcio mondiale. In Italia mancano stile ed emozioni''

Come sempre regala spunti interessanti, Arrigo Sacchi intervenuto ai microfoni di Radio2 durante la trasmissione I Lunatici, questa settimana in diretta da Sanremo.

L'inizio è dedicato proprio al Festival: ''Lo vedo, lo guardo, mi piace, anche se non sono mai aggiornatissimo sulle ultime novità. In che ruolo farei giocare Baglioni? Centrocampista centrale. Bisio invece lo schiererei come centravanti di sfondamento. Virginia Raffaele? Chi è? Non la conosco, non so dirvi in che ruolo la farei giocare''.

Parlando di calcio rivendica il suo ruolo di innovatore, riconoscendo l'apporto indispensabile di Silvio Berlusconi: ''Metà dei meriti sono suoi''. Una rivoluzione tattica e mentale quella sacchiana: ''Forse ho cambiato il modo di giocare a calcio nel mondo, ma in Italia no. In Italia c'è un rifiuto culturale al cambiamento. In Italia si gioca meglio di tante altre volte, alcune squadre giocano un calcio ottimistico, ma altre invece scelgono sempre la via della prudenza. A me piace chi cerca di vincere con merito regalando emozioni''.

Emozioni e stile, un connubio che nelle squadre italiane ritrova a fatica: ''L'Atalanta? Ha uno stile, lo stile è quello che in questo mondo così veloce è una delle poche cose che deve rimanere. Il Milan? Non ha ancora uno stile. L'Inter? Non ancora ha uno stile. La Juventus? E' grandissima, ma gioca il nostro calcio, lo fa benissimo ma è un calcio poco ottimistico. Il Napoli ha uno stile, ce l'aveva con Sarri e ce l'ha ancora con Ancellotti. La Roma ha un grande allenatore. Di Francesco è bravissimo, ma Roma è una città bellissima ma difficilissima''.

Chiusura infine sulla Nazionale e sull'italianità da preservare: ''Mancini mi sta stupendo in positivo. Ormai quasi tutte le squadre sono piene zeppe di stranieri, ci sono squadre con undici stranieri e lui non può farli giocare.

Se sono un salviniano? No, non è questo, ma amo l'Italia, nel calcio ho cercato con tutte le mie forze di dare un'espressione non paurosa e difensivista e ho piacere che il calcio abbia sì degli stranieri ma che si ricordi anche dell'orgoglio italiano''.

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