scommesseLa quota non riflette la differenza tra i piloti

L'emozionante finale del campionato del mondo di Formula Uno, con l'ultimo atto domenica in Brasile, vedrà in lotta per il titolo piloti Sebastian Vettel e Fernando Alonso. Il tedesco della Red Bull è quotato a 1,23, mentre lo spagnolo della Ferrari a 3,75. In altri termini, a Vettel il mercato riconosce l'81,3 (100 diviso 1,23) % delle possibilità e ad Alonso il 26,6. Il banco preso ha quindi un aggio (la percentuale oltre il 100) di quasi l'8%. Un margine notevole, che sconsiglia di scommettere a chiunque non abbia convinzioni forti su uno dei due. La scommessa di valore sembrerebbe a prima vista quella su Alonso, che è sì staccato di 13 punti da Vettel ma che nonostante una macchina inferiore è molto regolare ad alto livello: negli ultimi sette gran premi è andato sei volte sul podio e una volta (in Giappone) si è ritirato. È interessante sottolineare come i campionati ed in generale i risultati a due viaggino su binari filosofici diversi dagli altri, per vari motivi. 1) Il gioco rischia di essere troppo sbilanciato, anche valutandolo in maniera ponderata, su uno solo dei contendenti. 2) La semplificazione del pronostico, dovuta alla riduzione dei contendenti, fa sì che scendano in campo anche scommettitori meno esperti. 3) Molti professionisti e tutti i cosiddetti sindacati all'atto finale scommettono non tanto in una logica di previsione quanto di copertura. Esempio concreto: quattro mesi fa, dopo Hockenheim (vittoria di Alonso, Vettel retrocesso dal secondo al quinto posto), il Mondiale di Vettel si giocava a 3,50.

Un sindacato avveduto che avesse messo 10 milioni di euro su di lui adesso ne metterebbe altrettanti su Alonso: in caso di Mondiale a Vettel incasserebbe 15 milioni netti, in caso di trofeo ad Alonso 17,5. Questo per dire che sulle quote influiscono questo tipo di movimenti e che non è la quota a creare il gioco ma il gioco a formare la quota.

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