Amleto Gravina è afflitto dal dubbio: giocare o rinviare? Questo è il problema, del calcio. In mezzo a tempeste serie, il governo del football nostrano deve prendere una decisione storica. Soluzione non semplice, gli interessi economici spingono, quelli di salute dovrebbero avere la prevalenza assoluta ma il mondo del calcio continua a vivere una esistenza diversa. Play off? Annullamento della serie A e 3 serie B, o meglio, cristallizzazione delle classifiche attuali? Nessuna assegnazione dello scudetto? Blocco delle retrocessioni?
Serie A a 22 squadre l'anno prossimo? Slittamento a maggio? Tutta roba buona per un dibattito, in occasione di un convegno ma i tempi non consentono chiacchiere e poi c'è un elemento cadine intorno al quale girano molte incognite. Al trenta di giugno si concludono molti contratti dei calciatori, l'eventuale allungamento del calendario o addirittura, come immaginato dallo stesso Gravina, la divisione del torneo di A in due stagioni, comporterebbe delle situazioni contrattuali non risolvibili.
Quale calciatore, infatti, a scadenza, accetterebbe e a quali condizioni di proseguire l'impegno con il club per un periodo che potremmo definire part-time? Quale presidente si impegnerebbe a rimodulare l'accordo per un tempo di alcuni mesi soltanto? La via di uscita di una stagione sospesa, senza l'assegnazione del titolo, con l'iscrizione alle prossime coppe organizzate dall'Uefa seguendo l'attuale classifica, potrebbe essere la migliore se non entrasse in conflitto con gli interessi personali dei club che si considerano ancora in corsa per il migliore risultato finale. Senza trascurare il danno economico e l'eventuale contenzioso con gli sponsor. Idem per la quota di diritti tivvù e degli abbonati da stadio.
Di fronte a tale montagna di questioni sarebbe necessario un vertice autorevole, capace di imporre la scelta e di conciliare le diverse e opposte esigenze. Conservo dubbi che il governo del calcio, come quello dello sport, sia pronto e capace di fornire una risposta, definita e definitiva.
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