Si rivede il Milan, cinico e sciupone

Calhanoglu torna in cattedra e Bonaventura raddoppia, poi però sprechi e rischi

Si rivede il Milan, cinico e sciupone

Prima cinico e spietato, poi sciupone. Ecco la doppia vita del Milan tornato ieri pomeriggio a Bologna, dopo 40 giorni e 6 partite, a un confortante successo. Questo doppio volto, contraddittorio e allarmante, è il segno più evidente che non si può considerare ancora fuori dal tunnel di un periodaccio. E nemmeno in grado di superare i prossimi due ostacoli in calendario (Atalanta e Fiorentina) che sono poi le sfide decisive per il piazzamento in Europa league. Altra notizia del giorno: il Milan ha ritrovato la strada del gol smarrita da qualche tempo. Non è un caso che l'evento sia coinciso con il recupero quasi a pieno regime di Calhanoglu che è al momento il talento più decisivo per gli schemi di Gattuso, chè Suso è ancora un'anima persa. Già, lo spagnolo è il protagonista, suo malgrado, in negativo del secondo Milan, quello della ripresa che avrebbe potuto e dovuto chiudere i conti col tenero Bologna grazie a una striscia golosa di occasioni sciupate in modo avvilente. Prima Cutrone ha colto il palo lontano (sulla respinta Suso non ha fatto centro) e va bene. Più tardi Bonaventura, dal limite, ha fatto tremare la traversa di Mirante ma non sono state queste le uniche opportunità create dal Milan migliore ammirato ieri pomeriggio. Nella seconda frazione infatti ha apparecchiato la più efficace prestazione calcistica consentendo ai suoi di vivere un pomeriggio in perfetta tranquillità. E invece dopo gli strafalcioni di Suso in attacco e quei due pali centrati è successo quel che nel calcio è diventata ormai una legge dello stato.

Al culmine di uno dei suoi tanti assalti, disordinati e poco incisivi, il Bologna è riuscito a trovare un gol con uno dei suoi difensori arrivati a dar una mano all'attacco anemico dove Palacio da una parte e Verdi dall'altra, i più dotati (con Destro ko), sono finiti nei ceppi di Zapata. De Maio ha vinto il salto in alto con Bonucci e ha messo altra pressione ai rossoneri che a quel punto non hanno ballato la rumba ma quasi, segno anche questo di una salute, fisica e nervosa, non perfetta a dieci giorni dalla finale di coppa Italia con la Juve a Roma. Cos'è piaciuto del primo Milan? La capacità di fare centro due volte nelle due volte in cui ha messo piede in area di rigore altrui. Una volta con Calhanoglu, in verità dal limite, e l'altra con Bonaventura che sono poi gli unici capaci di dare profondità al gioco offensivo e di rappresentare nei sedici metri finali la concretezza da cui non è per niente lambito Suso. Ha ragione Rino: Bonaventura ha molti gol nei suoi piedi e dovrebbe tirare di più in porta. Il destro secco nell'angolo è stata una piccola ma didascalica esibizione del talento.

Per fortuna di Gattuso e anche del resto della compagnia, l'infortunio toccato a Romagnoli non ha procurato quei danni che molti pronosticarono. Sapete perché? Perché, tra le provviste lasciate nella credenza di Milanello, c'è sempre stato Zapata, idolo dei tifosi per il famoso gol al 97' nel derby di due anni fa e adesso puntello di cemento armato della difesa che con il gol di ieri ha subito il 50° della stagione, un carico troppo pesante per chi ha ambizione dichiarata di viaggiare tra le prime quattro in classifica e quindi in zona Champions.

Che adesso resta un miraggio. Anzi. È il duello per il sesto e il settimo posto che resta ancora in bilico poiché ieri l'Atalanta e la Samp hanno continuato a vincere, non si sono fermate e minacciano quindi da vicino i rossoneri.

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