Suvvia fregatevi le mani. Almeno non rischiamo di annoiarci. La Juve che pareggia è un invito alla spettacolarizzazione del campionato. Se poi gli ultras evitassero di tornare alle vecchie glorie sarebbe indice di civiltà: qui passiamo indifferentemente da razzismo a sfasci.
La Lazio che vince rubando un gol, anzi con doppia mano lesta (arbitro e Floccari) è l’odissea nello sprezzo arbitrale ai regolamenti. A dimostrazione che gli arbitri non sbagliano solo pro Juve. Il Napoli che si riprende, avendo quella parentesi (meno due punti in classifica), che magari potrebbe sparire da qui a fine campionato, è l’esaltazione del dubbio.
Fiorentina e Roma che rischiano di farsi risucchiare dal Milan è l’insulto a quella logica che dice: bel gioco uguale punti in classifica. E andate a chiedere a Sacchi perché i conti non tornano, dopo che, per anni, lui e i suoi flautisti ci hanno riempito la testa sul bel gioco e il non gioco:l’uno miracoloso, l’altro apocalittico. L’Inter oggi è regina del brutto gioco ma appollaiata ancora lì, a tiro di Champions. Che poi i suoi problemi parlino di Sneijder e delle nevrosi di Cassano è storia da Inter doc. La vittoria con il Pescara alleggerisce l’aria pesante ma i problemi restano. E non sarà certo l’inserimento di Benassi, bravino come contrista e niente più, a rianimare un centrocampo anonimo. Ci fosse ancora Bolzoni ( 23 anni, oggi al Siena) ne farebbero il playmaker del secolo.
Tutto serve ad alimentare attesa, dubbi e spettacolo. Con qualche certezza. Per esempio, anche alla Juve non tornano i conti. Quelli di Conte soprattutto. Parliamo di cifre: in 5 partite in panchina realizzati 10 punti contro i 35 ottenuti nelle altre 15. La differenza ha già qualche sostanza. Ed anche nel conto dei gol fatti e subiti il rapporto è al negativo. La spiegazione più semplice? Conte vedevaeinterpretavamegliodalla tribuna. Quella più calcistica dice che la Juve sta faticando perché mancano uomini che contano. Lo sanno anche i bambini che un gruppo di 8-9 giocatori compone la forza della squadra. Se le assenze si contano come ciliegie ( gergo made in Raiola) la Juve annaspa, ansima, si normalizza. Aggiungete che tutto è reso più difficile dall’assenza di una punta doc e dalla fatica a mantenere ritmi alti. Ieri Conte ha ammesso un errore suo, ma forse sono stati molti di più in queste ultime settimane. Qualcosa non quadra neppure nel posizionare la squadra. A Parma 4 uomini adattati: Caceres, Pogda, Padoin che di solito giocano a destra e quel Giovinco centravanti che grida vendetta. Tante piccole crepe che hanno ridotto la Juve al ruolo di utilitaria, quando pareva ancora una fuoriserie: 28 punti nelle prime 10 partite, solo 17 nelle altre dieci.
Juve che sbuffa, magari per una preparazione pesante che darà frutti a marzo-aprile, e le altre che cominciano a saltellare gioiose. Meglio non farsi prendere da illusioni infeconde. Oggi la Lazio sembra una testuggine, il Napoli ha ritrovato la freschezza della sua qualità calcistica. Ma l’esperienza del campionato insegna a non fidarsi. Troppe volte si sono sgonfiate sul più bello. Dunque, diffidare. Ancora una volta Milan e Inter rischiano di essere più credibili a gioco lungo. Solo ipotesi. Con una tesi: la mediocrità delle avversarie è più forte delle debolezze bianconere. Se poi la Champions sarà un trabocchetto, è altra storia.
Intanto domenica (e sabato) è un altro giorno: la Juve giocherà in casa, dove solitamente segna meno delle avversarie di classifica. Un indizio di debolezza che solo il mercato può risolvere. Forse basterebbe un Sau: ha fatto più gol dei cosiddetti bomber bianconeri.
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