Roma Dal 1929 a oggi la Roma ha collezionato 13 secondi posti in serie A, di cui ben 7 negli ultimi 14 anni. Nel nuovo millennio i giallorossi sembrano essersi specializzati nel ruolo di antagonisti, quindi non stupisce che abbiano soffiato la parte al Milan: il problema è che dopo tre lustri passati a rincorrere lo scudetto come Wile il coyote con lo struzzo Beep Beep ormai i sogni non bastano più. I tifosi più vecchi sanno che ogni tanto il giro buono arriva, ma c'è tutta una nuova generazione che ha visto sempre lo stesso film e ormai a un finale diverso non riesce più a crederci.
Negli ultimi anni c'è un luogo in cui i sogni romanisti sono andati regolarmente in frantumi, e si chiama Juventus Stadium. Da quando il vecchio Delle Alpi è stato ricostruito e ha cambiato nome la Roma ci ha perso tutte le volte. Una sconfitta in coppa Italia più cinque in campionato, e non sono state sconfitte qualunque: 3-0 e 4-0 con Luis Enrique nel 2011-12, 4-1 con Zeman l'anno dopo, 3-0 e 3-2 con Garcia (che nella sua seconda visita protestò contro l'arbitraggio di Rocchi mimando il violino) e infine l'1-0 del febbraio scorso quando Dybala diede a Spalletti il primo dispiacere del suo secondo mandato capitolino. Sei partite e sei manrovesci, 3 gol segnati e 18 gol subiti. Più che uno stadio è un «babau», un vero e proprio tabù di cemento armato.
Non che le cose fossero andate tanto diversamente prima che la Signora avesse una nuova tana, comunque. Nella Torino bianconera la Roma è riuscita a vincere appena 8 volte in 82 partite di campionato e perfino il ricordo più dolce, quel gol di Montella a tempo scaduto che il 6 maggio del 2001 consegnò virtualmente lo scudetto a Capello, è legato a un semplice pareggio. Altri due numeri da far gelare il sangue nelle vene giallorosse: la Juve di Allegri vince in casa da 24 partite consecutive e Spalletti è riuscito a batterla una volta sola in carriera, in coppa Italia nel 2006; per il resto 3 pareggi e la bellezza di 17 sconfitte.
Con queste premesse verrebbe da chiedersi se sabato sera sia il caso di presentarsi. Eppure, nonostante tutto, la risposta non può essere che sì: perché negli ultimi sei anni - cioè da quando i bianconeri hanno ripreso a dettare legge - questa sembra la Roma tecnicamente meno distante dai campioni d'Italia. Probabilmente la squadra dei 102 punti di Conte e quella di Garcia che riuscì a tenerla sulle spine fino alla quartultima giornata erano più forti di quelle attuali, ma in compenso stavolta sembra essersi ridotto il gap.
L'ultima creatura di Spalletti assomiglia alla grande rivale almeno per un paio di motivi: ha un ruolino interno altrettanto immacolato ed è stata capace di reinventarsi per superare gli infortuni. Quando si è fatto male Salah (che nel frattempo è pronto per rientrare in gruppo) si è temuto che la squadra spumeggiante e sbilanciata delle prime giornate potesse perdere la sua magia, invece il derby e la partita col Milan hanno mostrato che i giallorossi sanno vincere anche cambiando modulo e tirando la coperta sulla difesa.
Adesso si è fatto male Bruno Peres (caviglia ko, lo rivedremo a gennaio) e magari si scoprirà che con Rudiger sull'esterno quello stesso reparto che fino a poco fa zoppicava può reggere l'urto degli attacchi migliori.
Insomma, le carte per evitare la settima sconfitta di fila allo Stadium la Roma ce l'ha. Dopo anni di illusioni può davvero liberarsi dalla «prigionia del sogno», come disse una volta Dino Viola, ma per farlo dovrà entrare nel teatro dei suoi incubi e giocarsela senza paura.
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