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Spettacolo Van der Poel, è subito Rosa. E Girmay porta l'Africa a "casa" Orbán

Sul traguardo di Visegrad l'olandese brucia l'eritreo che sogna in grande. Il figlio e nipote d'arte: "Bellissimo, gioia come al Tour"

Spettacolo Van der Poel, è subito Rosa. E Girmay porta l'Africa a "casa" Orbán

La prima rosa è di un tulipano: Mathieu Van der Poel. Era lui l'uomo più atteso ed è lui che non si fa attendere. Sulla lunga rampa che porta al castello di Visegrad, il fuoriclasse olandese mette in mostra tutto il proprio repertorio, dimostrando di essere cresciuto molto in questi anni, anche dal punto di vista tattico. Non più solo attaccante indefesso e instancabile, ma adesso bomber capace di muoversi nel punto giusto e nel momento giusto. Non butta via una pedalata, e mostra a chi ancora avesse dei dubbi, tutto il suo talento.

Non stupisce che faccia centro al primo colpo: un anno fa gli era riuscito al debutto al Tour de France, vestendola il secondo giorno di corsa dopo averla sfiorata il primo. Qui, al via da Budapest, si supera e non perde tempo: boom! Al primo colpo. «È stato bellissimo indossare la maglia gialla un anno fa, ed è bellissimo vestirsi di rosa oggi (ieri per chi legge, ndr). Ho cambiato il mio programma tradizionale perché sapevo che questa tappa era molto adatta a me: non potevo perdere un'occasione così».

Che dire? È un Giro di qualità, perché alle spalle del fenomeno olandese, c'è il simbolo nuovo di un ciclismo emergente: quello africano. Il battuto è un altro atteso debuttante, l'eritreo Biniam Girmay, già passato agli archivi come primo africano nero a vincere una classica del nord: la Gand-Wevelgem. «Ho dato tutto, Van der Poel si è dimostrato il più forte», le semplici parole di questo talentuoso ragazzo 22enne di Asmara, che in questo Giro, insegue il grande sogno: «Voglio vincere almeno una tappa, per il mio Paese e per un intero Continente», ammette.

La prima rosa finisce ad un tulipano, che a 27 anni può già mostrare una bacheca di tutto riguardo: quattro titoli iridati nel ciclocross, poi tanto per gradire, qualche classica come un Amstel e due Fiandre, finendo sul podio della Roubaix e della Sanremo. Ha raccontato recentemente di non conoscere bene la storia del ciclismo, eppure è capace di scriverne di preziose. D'altra parte il DNA è di quelli buoni: da papà Adri ha ereditato l'attitudine alle corse in linea, dal nonno materno Raymond Poulidor per quelle a tappe, anche se ha già fatto meglio di entrambi.

Oggi, nella crono di Budapest, VdP farà di tutto per scrollarsi di dosso gli avversari, non la maglia di leader. Ma intanto si porterà avanti con il lavoro il grande favorito alla vittoria finale di Verona, l'ecuadoriano Richard Carapaz, che ieri ha rosicchiato 4 alla concorrenza.

Poca cosa, niente di che, ma è da questi particolari che si giudica un corridore.

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