Al peggio non c'è più fine ormai. E il Milan di Brocchi ieri, a Verona, città che evoca fantasmi e sconfitte dolorose, ha toccato il fondo, rimontato dalla squadra di Delneri, ultima in classifica, con merito intendiamoci, ed è stata condannata perciò ad una sconfitta che ha messo a rischio anche il sesto posto e perciò la qualificazione sull'ultimo vagone dell'Europa league. Nonostante Donnarumma, il giovanissimo portiere, protagonista ieri di una striscia di prodezze (nove parate secondo i dati statistici) che ha impedito al Verona di chiudere il pomeriggio con un risultato più rotondo. Occhio alla classifica: il Sassuolo, a un solo punto di distanza, può contare su una migliore differenza negli scontri diretti e a leggere il prossimo ruolino di marcia il team di Di Francesco ha un paio di sfide facili facili (Verona e Frosinone). Ma non è questo il rischio più allarmante. In questo caso bisogna essere perentori oltre che spietati: la pazza idea di sostituire a cinque tappe dal traguardo il tecnico, Mihajlovic cioè, gradito allo spogliatoio, con Brocchi (che non può essere certo considerato un colpevole), alla ricerca di un gioco migliore si è dimostrato un clamoroso azzardo. Perché, dopo una prima prova positiva, la squadra si è dimostrata disorientata, ha perso quelle poche sicurezze accumulate nella gestione precedente. E il progetto, mai pubblicamente ammesso, di puntare su Brocchi anche per il futuro, prim'ancora del passaggio più atteso, cioè la finale di coppa Italia a Roma, ha subito un colpo mortale. Nelle tre partite della gestione Brocchi, la squadra, pure segnata da molti infortuni e qualche assenza di rilievo (Balotelli, Buonaventura) ha mostrato il passo del gambero. E cioè ha cominciato a fare passi indietro invece che progressi: ha debuttato felicemente contro la Samp, si è inceppata contro il Carpi e ieri a Verona ha toccato il punto più basso. Perché neanche il possesso palla, sbandierato come una sorta di qualità recuperata, è stato utile per ottenere un risultato utile, a dispetto della partenza felice, il gol di Menez (tra i meno peggio della compagnia insieme con Montolivo e Zapata) che ha consentito ai milanisti di sgabbiare per primi.
Nella ripresa è accaduto il disastro. Alle prime difficoltà, il gruppo si è disunito, ha perso distanze e filo del gioco, sul piano fisico si è anche registrato un crollo ammesso dallo stesso Brocchi che si è assunto ogni responsabilità per il ko. Il Verona ha pareggiato i conti su rigore (forse un errore di Dibello, l'arbitro perché Romagnoli, tra i peggiori, è stato spostato da Pisano prima di toccare con la mano la palla) con l'ex Pazzini e sui titoli di coda con Siligardi, un ragazzo di scuola interista, ha trovato su punizione il 2 a 1, strameritato (con record stagionale di tiri effettuati: 28!). Prima di allora solo le imprese plastiche di Donnarumma hanno evitato il tracollo maturato durante il recupero.
E Zapata, più Abate, hanno montato una guardia efficace, segno che c'è stato un cedimento strutturale di tutta la squadra. È come insomma che se in un palazzo, per effetto di una scossa tellurica, fossero venuti meno i pilastri portanti. Si è così aperta una voragine, impossibile a quel punto da richiudere.
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