La missione Ripartenza entra nel vivo. Oggi il presidente della Figc, Gabriele Gravina, presenterà al Governo il protocollo di sicurezza stilato dalla commissione medico-scientifica: se verrà vidimato dal ministro Spadafora, scatterà il count-down per riprendere le attività. La data per tornare ad allenarsi resta quella del 4 maggio, con l'obiettivo di giocare ai primi di giugno. Ecco perché si fa largo - come anticipato da Il Giornale - l'ipotesi della Serie A al Sud Italia. Giocare tutte le partite in 3-4 città in cui la diffusione del virus sia stata minore è il progetto di Walter Ricciardi dell'Oms: «Stiamo proponendo di giocare al Centro-Sud. Non ha senso vietare attività sportive dove ci sono 0 casi come la Basilicata». Una proposta accolta favorevolmente da Gravina meno dal presidente del Lecce Sticchi Damiani: «Concentrare tutto in una certa area geografica snaturerebbe molto la regolarità del torneo...».
Il protocollo salva calcio presenta, però, tanti punti interrogativi. A partire dall'isolamento cui dovranno sottostare le varie squadre. Solo Juve, Milan, Inter, Lazio, Roma, Cagliari e Atalanta hanno strutture dotate di foresteria. Le altre dovranno traslocare in un albergo nei pressi del proprio centro sportivo. Con relativi costi a carico. Impossibili da sostenere per la maggior parte dei club di B e Lega Pro. Figli e figliastri del pallone. Per quanto riguarda i tamponi (a carico dei club) si pone la questione morale: è giusto che oltre un migliaio di essi siano destinati a calciatori e dipendenti dei club invece che ai normali cittadini e a coloro che ne avrebbero bisogno? Senza di essi non si può avere la certezza che tutti i calciatori siano immuni. La fase iniziale del protocollo prevede, infatti, tamponi e test seriologici, da eseguire 7 giorni prima del ritiro in isolamento e l'inizio degli allenamenti. Ma cosa succederebbe se un giocatore venisse trovato positivo a torneo già ripreso? Il rischio è quello di una nuova paralisi. Infatti come minimo finirebbero in quarantena la sua squadra e quelle affrontate nel range dei 14 giorni di incubazione. Considerato che la A punta a giocare ogni 3 giorni, sarebbero almeno 5 le formazioni costrette a fermarsi. Con metà delle gare in calendario congelate. Motivo per cui alcuni presidenti (Cellino, Cairo e Ferrero) frenano sulla ripresa a maggio, ritenendola inopportuna.
Rimostranze a cui ha risposto piccato Gravina: «Chi invoca ad alta voce l'annullamento o la sospensione dei campionati credo non voglia bene né al calcio né agli italiani». D'altra parte lo stesso numero uno del calcio italiano, durante la riunione con la Commissione medico-scientifica, si era fatto scappare un commento che non lascia spazio a interpretazioni: «Se non si riprende a giocare, il calcio è finito». Parole forti sfocianti nell'annosa battaglia dei diritti tv tra la Lega di A e i broadcaster Sky - Dazn - Img.
Quest'ultime già hanno saldato il pagamento relativo alla stagione 2019/20 per l'80% del totale (1,4 miliardi di euro), balla ancora però l'ultima rata da 240 milioni. Senza partite impossibile incassarla. Ecco perché giocare diventa vitale.
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