Roma. Il trionfo di Tirana conferma una delle caratteristiche principali di Josè Mourinho: sa vestire alla perfezione la casacca della squadra che allena. «Sono portista, sono interista, sono chelsista, pazzo del Real Madrid, adesso sono romanista al 100 per cento perchè questa gente è incredibile. Con tutto il rispetto dei club dove ho lavorato e di cui sono innamorato», le sue parole dopo la vittoria della Conference League. Che evidenziano il suo essere camaleonte, senza dimenticare il passato ma concentrandosi sul presente e sul futuro prossimo.
A livello di comunicazione è tra i numeri uno e quando arrivano le finali si trasforma, diventando colui che non mette pressione, ma la toglie. Fino a teorizzare, come ha fatto alla vigilia di Roma-Feyenoord, l'inutilità dell'allenatore nell'ultimo atto di un torneo. Di fatto rende più leggero il pallone ai piedi dei calciatori e sa esaltare la piazza. Specie quando regala frasi del tipo «vincere un trofeo europeo con la Roma è molto molto speciale». O «mi hanno detto che solo io, Ferguson e Trapattoni abbiamo vinto trofei in tre decadi diverse, questo mi fa sentire vecchio...». Più che vecchio, ormai esperto di un mondo che gli ha regalato tante vittorie importanti. L'ultima, poi, nasce dalla svolta tattica, caratteriale e di mentalità del gruppo portata avanti negli ultimi mesi.
Ma il trionfo di Tirana è anche «griffato» Dan Friedkin. Un'altra proprietà americana protagonista con un club italiano, dopo il fondo Elliott arrivato allo scudetto con il Milan. Di fatto i due titoli più importanti che si è giocato quest'anno il football nostrano. Dall'acquisto del club avvenuto ad agosto 2020, in piena pandemia, hanno già sborsato già mezzo miliardo di euro per prendersi la Roma e finanziarla mensilmente. Uno degli assenti più «pesanti» lo hanno staccato un anno fa, quando piombarono a Londra per convincere Mourinho a sposare il progetto (triennale) giallorosso. Una vera e propria dichiarazione d'intenti: scegliamo il portoghese per arrivare a vincere. Magari non così presto come è avvenuto. Prima di ciò un radicale cambio di abitudini e ambizioni, riorganizzando gli spazi di Trigoria e cedendo anche alle istanze dei tifosi (vedi il vecchio stemma sulla maglia cancellato dal predecessore Pallotta e rispolverato per il derby con la Lazio o la ripartenza da zero per il progetto stadio).
Il tutto in silenzio e con un grande riserbo mantenuto persino a Tirana, dove hanno alloggiato in un albergo diverso da quello dei calciatori. Si sono sciolti davanti alla Coppa vinta: Dan Friedkin e il figlio Ryan sono corsi sotto la curva dei tifosi giallorossi con il trofeo in mano.
Quel trofeo arrivato grazie al lavoro di Mou. Che nella notte da leggenda ha chiosato: «Io resto qui, vediamo cosa faranno i nostri proprietari per la prossima stagione, ci sono le basi per dare seguito a tutto questo...».
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