La Svezia non si ferma più. Un tiro deviato vale i quarti

Altro che orfani di Ibrahimovic: Svizzera ko I giustizieri dell'Italia mai così avanti dal 1994

La Svezia non si ferma più. Un tiro deviato vale i quarti

Roberto Gotta

Destinata ad essere a ogni passo la squadra contro la quale nessuno riteneva di meritare di perdere, la Svezia dopo Olanda (nelle qualificazioni), Italia, Germania e Messico (nel girone) si lascia alle spalle anche la Svizzera, nella partita del minimo indispensabile e del massimo possibile. Una combinazione che può reggere fino a un certo punto di questa edizione, ma che contiene in sé il dna dell'onore e del rispetto. Quello che anche da noi, dai e dai, va accordato agli svedesi, che non hanno praticamente un solo uomo in grado di inventare o creare ripetuta superiorità numerica ma oppongono una successione di uomini in gialloblu alle manovre avversarie e si spostano verso l'area avversaria tenendo le distanze, pronti a ricomporsi a palla persa.

Succede poco perché poco l'hanno avuta anche contro la Svizzera, che ha avuto il 64% del possesso e ricavato 11 calci d'angolo a tre, con poco frutto perché è vero che sulle palle da fermo in area può accadere di tutto (presente l'autogol di polpaccio di Ignashevich?) ma è anche vero che la stazza paga, e infatti solo al 91' uno svizzero, Haris Seferovic, è stato pericoloso, e comunque su azione manovrata: cross dalla sinistra di Ricardo Rodriguez e stacco in anticipo su Lindelof, con palla che stava precipitando in rete verso il secondo palo prima che Olsen, rapidissimo nell'abbassarsi, la fermasse in due tempi. Il minimo indispensabile è arrivato al 66', sul cambio di lato rapido che ha sorpreso ben quattro giocatori svizzeri sul centrosinistra. Palla sul lato opposto, meno coperto, Toivonen riceve e restituisce a Forsberg che finta su Xhaka (uno dei quattro suddetti, che essendo in ritardo ha recuperato troppo rapidamente ed è andato fuori equilibrio) e tira di destro, traiettoria centrale deviata però in rete da Manuel Akanji. Ennesimo esempio di partita decisa da un dettaglio, in un testa e testa di stili diversi ma col medesimo esito, l'equilibrio.

4-2-3-1 la Svizzera, con il lato destro della difesa (Schaar e Lichtsteiner) assente per squalifica ma degnamente sostituito da Lang e Djourou, 4-4-2 la Svezia, con Svensson al posto di Larsson, anch'egli fermato per motivi disciplinari. Più ordinati gli svedesi, più mobili gli svizzeri, cioè tutto da copione: Behrami con possesso di palla si abbassava spesso tra i due centrali rendendo l'aspetto della sua squadra simile a un 4-1-4-1, con la licenza per Xhaka di tirare (34', da 25 metri) e per Shaqiri di accentrarsi sul sinistro. Anche se da lui sono arrivati più cross che conclusioni, per un motivo logico: tempo tre passi e davanti a lui si sarebbe parato un muro gialloblu, per cui era più saggio rubare un tempo alla difesa e mandare la palla in area, senza però esiti decenti. Di là.

Al 28' un tiro di sinistro di controbalzo di Berg deviato molto bene in angolo da Sommer, e al 41' un errore di Ekdal, che arriva solo su un cross dalla destra di Lustig ma cerca di colpire di piatto in sforbiciata pur essendo troppo avanti rispetto alla traiettoria. Senza Zlatan Ibrahimovic, la Svezia arriva dove non arrivava dal 1994. Non è un giudizio, è un dato di fatto.

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