Tenere testa al Barcellona non è da tutti

S ono due i prodigi realizzati dalla Juve di Berlino. Il primo vale quanto una medaglia d'oro sul gonfalone bianconero: aver seppellito i soliti rancori degli sconfitti e suscitato, a sorpresa, nel suo popolo, una reazione mai vista dalle nostre parti con i secondi. Applausi della curva juventina all'Olympia stadion subito dopo la stilettata di Neymar, cori e accoglienza trionfale a notte fonda in occasione del ritorno a Caselle sono stati il tributo più importante ricevuto dalla brigata di Allegri, un riconoscimento capace di asciugare le lacrime di Pirlo, di rendere persino meno amaro il probabile addio di Tevez. Perciò la notte di Berlino si trascinerà dietro, nelle pieghe delle prossime settimane, un effetto virtuoso da coltivare nella Champions che verrà. Scalare il gigantesco massiccio del Barcellona non è impresa che possa riuscire all'improvviso e al primo tentativo, senza passare attraverso delusioni, qualche sconfitta e fieri propositi di rivincita.

La Juve ha perso un tempo a inseguire i marziani di Luis Enrique poi ha tirato fuori il meglio delle proprie conoscenze calcistiche e del loro talento tattico per rimettere in bilico il trionfo catalano e addirittura sfiorare la clamorosa rimonta. Buffon è stato, ancora una volta, il più degno dei capitani oltre che la guida spirituale del gruppo, al suo livello Barzagli, poi l'emme due, Morata e Marchisio, hanno ritrovato smalto e spartito, hanno mostrato al mondo intero che è possibile mettere sotto il Barcellona, senza infilarsi nella ragnatela dei loro passaggi ripetuti e corti perché si finisce col rimanere impigliati. Avessero avuto, nell'occasione, il contributo di Vidal, Pogba e Tevez, sarebbe stata ancora più in bilico quella finale che ha regalato pathos per 13 lunghissimi minuti. Da qui Allegri può e deve ripartire per convincere i suoi, i vecchi e i nuovi allievi in arrivo a Vinovo (Khedira e Dybala), che solo ripetendo la scalata alla Champions si può acquisire il dna internazionale che è stato da sempre una sorta di nervo scoperto, dai tempi magici di Giampiero Boniperti, del casato piemontese.

Saranno decisive le prossime mosse: perché perdere Pirlo ed eventualmente Tevez è un cambio generazionale e tecnico non di poco conto. E trovarne subito gli eredi è il compito proibitivo sulle spalle di Allegri e Marotta.

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