Campioni o top player, chiamateli come volete, nel nostro campionato; scartine o panchinari di lusso nella loro ultima stagione prima di arrivare in Italia con contratti, quelli si, da superstipendiati. È il destino dorato di tanti stranieri che si sono realizzati nel paese di Bengodi a suon di gol, quelli che non erano riusciti a mettere a segno nella Premier League, nella Liga o in Bundesliga.
Prendiamo Carlitos Tevez, uno che nel dna dovrebbe avere il pallone nella rete avversaria: prima di approdare alla Juve, nell'ultima delle sue 4 stagioni al Manchester City, scoppia il dissidio con Roberto Mancini che lo lascia spesso a meditare in panchina e ovviamente il rendimento ne risente. Via allora dall'Inghilterra e a Torino il 30enne Carlitos riscopre la gioia del gol smarrito. Ora è già a quota 13, punta a ritornare nella nazionale argentina e a raggiungere quota 23, suo record, ottenuto nel 2010 alla prima stagione nel City.
In casa Juve è risorto anche Fernando Llorente che nell'ultimo anno all'Athletic Bilbao era considerato la riserva di Aduriz (ma chi è mai costui?) e che in bianconero, dopo un primo periodo di acclimatamento e di panchina, ha ritrovato la via del gol, soprattutto con quella «testina d'oro» che l'ha sempre accompagnato nei suo quasi 9 anni tra i baschi di Bilbao. Ma El Rey León deve ora guardarsi dalla concorrenza di Osvaldo, un altro che nei sei mesi al Southampton ha realizzato più squalifiche che gol. L'argentino naturalizzato italiano vorrebbe riciclarsi dopo i non pochi danni caratteriali commessi nella Roma, accompagnati anche da 27 gol in due stagioni. Ancora a secco in campionato, ha colpito due volte in Europa League contribuendo ad affossare il Trabzonspor.
E José Maria Callejon, dalla cantera alla prima squadra del Real, via Espanyol, ha triplicato nel Napoli i gol del suo ultimo anno coi blancos ma, poco utilizzato da Mourinho, si è rigenerato all'ombra del Vesuvio diventando titolare inamovibile per Rafa Benitez. Non era scartina in Spagna e non lo è in Italia, il compagno di ieri e di oggi, quel Gonzalo Higuain che a Madrid era considerato il vice Benzema e che a Napoli ha già fatto dimenticare Cavani.
Rigenerato invece è l'ivoriano Gervinho che nell'Arsenal di Arsene Wenger giocava davvero poco e che coi 5 gol finora realizzati ha già uguagliato quelli messi a segno nell'ultima stagione coi Gunners e che nella Roma di Garcia è una autentica spina nel fianco di qualsiasi avversario. Discorso a parte invece per Mario Balotelli che nei tre anni inglesi alla corte di Mancini ha cumulato, più spesso subentrando dalla panchina che non partendo dal primo minuto, 54 presenze e 20 gol, ma assolutamente da dimenticare i suoi ultimi sei mesi del 2012 con appena una segnatura. Arrivato nel gennaio 2013 al Milan, ne ha realizzati 12 in 13 partite ed ora è già a quota 9 (in 16 gare). Super Mario quindi fenomeno in patria, ma per Mancini era un super panchinaro.
Stesso discorso per Kakà, considerato da Mou al Real come riserva di lusso, poche partite, gol col contagocce e dopo 4 stagioni il «figliol prodigo» è tornato al Milan dove finora ha fatto cinquina. E pensare che nell'ultima stagione a Madrid i suoi gol erano stati appena 3. Altra delusione è lo spagnolo Joaquin, mentre il tedesco Mario Gomez ha più di una giustificazione se dai suoi ultimi 11 gol nel Bayern è appena a due, quelli rifilati a Marassi al Genoa. Una lesione al legamento del ginocchio sinistro l'ha bloccato per 5 mesi e ora è pronto a riprendere la corsa al gol. Il Milan, dopo la sorpresa Taarabt (gol all'esordio), aspetta Essien mentre la Roma può godersi uno Strootman già a quota 5, proprio come le reti messe a segno col Psv Eindhoven nella scorsa stagione.
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