Indolente, sfrontato, unico. Sagan sprinta nella leggenda

A Bergen lo slovacco batte Kristoff: terzo trionfo di fila Quarto l'azzurro Trentin: «Brucia, meritavamo di più»

Indolente, sfrontato, unico. Sagan sprinta nella leggenda

A Bergen era arrivato per ultimo, con quella sua indolenza che lo rende unico e lo accompagna da sempre, tanto sapeva che lì, anche quest'anno, come da tre anni a questa parte, sarebbe arrivato per primo. «Se conosco il percorso? No, ma dobbiamo farlo 11 volte, lo imparerò. Non credete?».

Sfrontato Peter Sagan. Sfrontato e puntuale come pochi e nessuno, visto che una cosa l'ha fatta meglio di Eddy Merckx e meglio di tutti gli altri: vincere tre mondiali uno di fila all'altro. Mai nessuno, nella storia del ciclismo, era riuscito a tanto. Peter Sagan unico da ieri pomeriggio lo è per davvero.

Un, due, tre, Sagan. Sembra una filastrocca, un gioco, e alla fine è lui che si diverte per davvero. Più che a Richmond e a Doha, dove era apparso più spavaldo e reattivo. Ieri invisibile fino all'ultima curva. Sapeva che lì avrebbe dovuto rischiare come il suo idolo giovanile Valentino Rossi («il ciclismo è spesso troppo noioso, per questo faccio qualche show. Per dare spettacolo, per divertire i tanti appassionati, come Valentino ha sempre fatto», ebbe a dire qualche anno fa).

Ultima curva, dentro a tutta, in seconda posizione. E poi via a testa bassa, per raggiungere quella riga bianca, limite di un uomo che non ha limiti, ma sa dire anche cose importanti. «Chiedo scusa a Kristoff : l'ho battuto proprio davanti alla sua gente, ma lo sport è così... dice lo slovacco, con quella di ieri 101 vittorie in carriera -. Voglio dedicare questa vittoria ad un grande amico come Michele Scarponi: domani avrebbe compiuto gli anni. Era un grande campione, un grande amico. Mi manca. Una dedica anche a mia moglie Kataryna che aspetta il nostro primo figlio».

È un Sagan diverso, sorridente e pacato, che ha abbandonato la chioma da Jonny Depp dei Pirati dei Caraibi e ora si presenta con un taglio quasi tattico. «Comincio ad avere una certa età, devo cominciare a diventare serio », dice sorridente.

La gara è volata via esattamente come avrebbe voluto il fuoriclasse slovacco, quest'anno battuto alla Sanremo da Kwiatkowski al fotofinish: si è messo in moto soltanto negli ultimi cinque chilometri quando c'era da tenere la posizione migliore e negli ultimi duecento metri, partito dalla ruota di Kristoff, ha fatto valere il suo talento, la sua forza, il suo colpo d'occhio e anche il suo colpo di reni che si è rivelato fondamentale per avere la meglio sul beniamino di casa. Sul podio è salito anche l'australiano Matthews, terzo nello sprint ristretto a una ventina di unità. Quarto il nostro Matteo Trentin, il miglior piazzamento mondiale da quando Davide Cassani è ct degli azzurri.

«Quarto è un piazzamento che brucia - ha detto il trentino di Borgo Valsugana -. Anche perché tutta la squadra ha corso benissimo e una medaglia avrebbe coronato il lavoro che è stato perfetto. Nell'ultima salita sapevo di non poter tenere gli scatti, poi a metà ho raggiunto il gruppetto di Van Avermaet e pensavo che i belgi (molto deludenti, ndr) tirassero dritto, invece hanno permesso che rientrassero tutti. Colbrelli ci aveva detto a due giri dalla fine di essere al limite e ha lavorato per chiudere i buchi, Bettiol è stato eccezionale, mi ha tirato alla grande verso la volata, Moscon (poi squalificato a causa di un traino prolungato dell'ammiraglia dopo una cadutaalla fine del terzultimo giro, ndr) è stato grande. Ma tutti siamo andati bene e meritavamo qualcosa di più».

A Sagan chiedono quale sia

il suo segreto. «Non ho segreti, nel ciclismo conta pedalare forte. Le tattiche? Io non ne ho, mi stufa parlare di corse e strategie. Mi annoia dover dar retta a qualcuno. Io corro per l'istante, per il momento». Mondiale.

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