Il trionfo dolce di Dovizioso. La Ducati adesso fa paura

Andrea rivince dopo 7 anni: "L'ultimo giro ho pianto". La Rossa è pronta per il 2017. Vale 2° e vice campione

Il trionfo dolce di Dovizioso. La Ducati adesso fa paura

Alla fine Jorge Lorenzo fingeva soddisfazione per un terzo posto che senza le cadute di Crutchlow, Marquez e Iannone sarebbe stato un mediocre sesto e che gli preclude la piazza d'onore nel mondiale già prima di Valencia. Ma il suo buonumore non era artefatto, non si trattava di minimizzare la paga presa da Valentino nel derby delle Yamaha: è che lo spagnolo - anche se non può dirlo (e infatti quando glielo hanno chiesto ha negato con un certo sdegno) - dentro di sé già gode mangiandosi con gli occhi una Ducati spettacolare, che ha stracciato la concorrenza e l'ha fatto su una pista molto diversa dal Red Bull Ring austriaco dove Iannone trionfò grazie al motore Desmo.

Sotto al diluvio di Sepang si sono viste due «rosse» velocissime ed equilibrate, che come sempre avevano una marcia in più sul dritto ma adesso riescono anche a fermarsi e a fare le curve consumando le gomme meno degli altri. A raccogliere i frutti di tanta superiorità stavolta è stato il razionale Andrea Dovizioso, che ha centrato il secondo sigillo in MotoGP (il primo fu a Donington nel 2009, quando guidava ancora una Honda ufficiale) e ha finalmente aggiunto il suo nome a quello degli altri otto vincitori stagionali in un'annata che le indomabili gomme Michelin e un meteo da pazzi hanno reso speciale.

«Li ho cucinati tutti piano piano - ha scherzato il forlivese che dopo essere scattato dalla pole si era nascosto per la prima metà della gara - e nel giro finale ho pianto per l'emozione. Sembrava che fossi obbligato a vincere, lo volevo fortemente e ora è finito un incubo». Come detto, il Dovi non ha soltanto sfruttato una moto che è stata perfetta per tutto il weekend e gli ha consentito di inanellare prima la «pole», poi il giro veloce in gara e infine la vittoria. Ci ha messo molto del suo con una strategia impeccabile lasciando al compagno di squadra Iannone la rogna di fare a cazzotti con Rossi che era partito forte e poi raccogliendo col cucchiaino prima quelli che si sono stesi e poi lo stesso Valentino che aveva finito le gomme.

Per il Dottore è il sesto secondo posto della stagione (eguagliato il record del 2014) e il fatto che ogni volta trovi qualcuno che va un po' più forte di lui evidentemente non è casuale. Da dopo il Mugello, dove si ruppero ben due motori, le prestazioni della Yamaha in gara sono un po' calate: va forte in prova ma in gara soffre alla distanza, con gli pneumatici che si consumano troppo velocemente. Lui fa buon viso a cattivo gioco («Sono contento di essere vicecampione, sarebbe stato bello un podio tutto italiano da dedicare a Simoncelli ma Iannone prima mi ha massacrato e poi è sparito»), però sa che in vista del prossimo anno c'è molto da lavorare.

Già, il prossimo anno. Se Marquez facesse meno il ragioniere tornando a dar retta all'istinto (da quando ha vinto matematicamente il mondiale Marc ha ricominciato a correre senza calcoli cadendo due volte su due) potrebbe venire fuori la stagione più bella di sempre, con i tre più forti in sella a tre moto diverse.

E allora tra Rossi e le «rosse» le possibilità di riportare il titolo in Italia raddoppierebbero. Perché non scherziamo, questa meravigliosa Ducati è tutta roba nostra: i capitali saranno pure tedeschi ma l'ingegno resta tricolore.

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