Matteo Basile
Settant'anni oggi. Tutti, o quasi, passati su un campo da calcio. «Anche perché non saprei fare altro». Ma appena dici Turone a venire in mente è un episodio uno. Quel gol del 10 maggio 1981. Quel colpo di testa contro la Juventus che regala lo scudetto alla Roma. Non fosse che quel gol è passato alla storia come il più famoso dei gol annullati. «Ma io spero mi ricordino anche per quel gol, non soltanto», spiega Maurizio Turone, per tutti Ramon.
Quasi 400 gare da professionista. Genoa, Milan, Roma su tutte. Eppure quell'episodio...
«Beh, è stata una cosa eclatante e diciamolo pure, vergognosa».
E controversa.
«Inutile che parlino di centimetri, era regolare e basta. Ora fermano l'attaccante per un piede ma quelli non erano centimetri. Venivo da dietro, era gol».
Cosa ricorda di quei momenti?
«Inizialmente pensavamo che in fuorigioco fosse Pruzzo che mi ha fatto la sponda. Poi abbiamo scoperto che ero io. Roba da matti! Ci siamo accorti che ci è stato fatto un furto. In campo ma soprattutto subito dopo».
Ci pensa ancora?
«Mi ci fate pensare voi... Ma anche gli amici, i tifosi. È normale, è storia. Ed è stato un furto. Nel calcio ci sta tutto, però ti girano. Anche se ormai è passato».
Ma è stato detto tutto di quell'episodio?
«Mmh... Aggiungo solo che nessuno dei nostri venne squalificato».
Adesso c'è il Var...
«Ogni tanto lo usano, ogni tanto no. E non vedo perché in coppa non venga utilizzato».
Le piace ancora il calcio?
«Da matti. Seguo la serie D e tutti i ragazzini dai primi calci (Oggi è responsabile dell'area tecnica del Savona, ndr). Stare in campo è bellissimo».
E la serie A?
«È un calcio troppo fisico, non c'è più nessuno che è capace a dribblare. E le decantate ripartenze non sono altro che il nostro catenaccio».
Il ricordo più bello della carriera?
«L'esordio a Marassi con la maglia del Genoa. Io tifoso genoano, giocare nello stadio che frequentavo da tifoso. Più bello che giocare nelle grandi squadre o vincere le coppe».
È mancata solo la nazionale.
«In realtà Valcareggi mi aveva chiamato ma ero infortunato. Sarà per un'altra volta, mi disse. Ma cambiarono ct e la prossima volta non ci fu».
Ora è più facile vestire l'azzurro.
«Non confondiamo la lana con la seta. Altri tempi, altri ritmi ma che giocatori...».
Il più forte con cui ha giocato?
«Prima Rivera e poi Falcao. E scusate se è poco».
Il più ostico da marcare?
«Boninsegna nei derby. All'epoca i difensori menavano gli attaccanti. Lui invece era così forte che menava i difensori».
L'allenatore migliore?
«Quello che mi ha esaltato di più senza dubbio Liedholm».
Oggi chi non vorrebbe marcare?
«Insigne. È uno spettacolo vederlo giocare. È tecnico, fa gol, aiuta la squadra. È veramente bravissimo».
Auguri, Ramon.
Ma perché Ramon se si chiama Maurizio?«Da ragazzino ero scuro di carnagione, sembravo più argentino o brasiliano. Gli amici con cui giocavo mi hanno chiamato Ramon e così è rimasto. Nessuno mi chiama col mio nome. Ormai nemmeno a casa».
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