Il torello finale della Fiorentina (quelli del Milan, sotto di due gol, rincorrono i rivali senza riuscire a toccare palla) è forse l'aspetto più avvilente dell'ennesima sconfitta milanista, la foto emblematica della decadenza rossonera. Come un anno fa, proprio al cospetto dei viola, il Milan di Allegri tocca il punto più basso della sua stagione. Fin qui, almeno a San Siro, il bilancio è confortante, disastroso quello fuori dalle mura ambrosiane. Da ieri sera, seconda sconfitta dopo il Napoli, anche l'ultimo avamposto milanista sembra crollare per travolgere tutti i suoi protagonisti, noti e meno noti, nessuno escluso. I fischi finali di San Siro sono la colonna sonora di una serata da ricordare tra le più tristi e disarmanti dell'intero ciclo berlusconiano. Neanche la curva, che pure difese nei giorni bui il gruppo, riesce a perdonare lo scadimento avvilente. Si fa una gran fatica a trovare un milanista degno della sufficienza, forse Montolivo, forse nel suo piccolo De Jong: e questo offre la dimensione tecnica oltre che psicologica del crollo.
Accoglienza da reduce per Ambrosini: la curva e non solo la curva, tutto lo stadio, gli tributa una sentita ovazione che riconcilia tutti noi con il calcio e con i buoni sentimenti. Peccato che debba ritirarsi dopo 34 minuti, ferito dall'inevitabile ricaduta: si capisce al volo che non è pronto per reggere l'urto e il dispendio di energie di una sfida, che vuole esserci solo per appagare il proprio cuore. È il prologo romantico a una sfida acida che si dipana in modo lento e macchinoso attraverso il palleggio obliquo della Fiorentina e l'incapacità del Milan di afferrare il gomitolo del gioco. L'episodio centrale è una punizione dal limite calciata da Vargas che trova, lungo la strada, la deviazione involontaria di Muntari trasformandosi in un proiettile velenoso per Gabriel. È il primo tiro in porta dei viola: al primo tiro la difesa del Milan prende gol, non c'è molta fortuna per i colori rossoneri di questi tempi. Alla scarsa fortuna si aggiunge la povertà milanista capace solo di alimentare le polemiche intorno alla sagoma di Balotelli che ha ancora le gomme sgonfie. Tra lui e Rodriguez le scintille cominciano con il primo angolo, proseguono più tardi quando l'argentino gli piomba sulla schiena (l'arbitro Mazzoleni ha un gesto di stizza quando vede il milanista a terra) e quasi sul gong dell'intervallo succede che Mario cade in area (il suo destro largo finisce tra le gambe di Pasqual) procurandosi un acciacco alla caviglia. La Fiorentina insorge, vorrebbe il giallo per simulazione: la collisione c'è, il tremebondo Mazzoleni non infierisce, Matri si riscalda inutilmente. L'ammozione, sacrosanta, che gli vale la squalifica al prossimo turno, se la merita tutta nella ripresa quando va addosso al portiere Neto in modo gratuito e vistoso per contendergli una palla persa. Così passa sempre dalla parte del torto. Senza combinare qualcosa di utile e di buono per la patria.
Allegri si disfa dell'inutile Birsa (l'acerbo e inconcludente Niang al suo posto), poi dello stanco Muntari (dentro Saponara) per rianimare una squadra che è stanca nella testa più che nelle gambe e con il potenziale d'attacco ridotto del 50% per la luna storta di Balotelli. A metà ripresa il colpo del ko griffato viola è un giochino da ragazzi: organizzato dal nuovo arrivato Joaquin che si beve Saponara, il suo cross viene smanacciato da Gabriel, Balotelli e Abate, come due statuine, guardano Boja Valero infiocchettare lo 0 a 2. Questa volta neanche Kakà riesce a dare la scossa: da solo non può certo fare miracoli. Galliani lascia la tribuna, sulla curva amica spuntano gli striscioni polemici per il mercato deludente dell'estate scorsa. La conclusione, malinconica, è un'altra serata di discutibile resa, sprofonda in classifica il Milan e a pochi giorni dal viaggio a Barcellona tutta la stagione comincia a farsi cupo.
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