A volerla vedere in modo romantico la Red Bull ha offerto a Vettel l'occasione, senza che il mondo urlasse allo scandalo, di regalare a Webber la vittoria dell'addio. È successo quando nel secondo e frettoloso pit stop di San Paolo non trovavano l'anteriore destra del tedesco ingordo. A voler essere romantici, Seb avrebbe potuto capire, comprendere, infischiarsene delle 13 vittorie in un anno come Schumi e delle 9 di fila come Ascari che sono record ma anche no visto che il grande italiano le centrò su due stagioni. Invece niente. Invece primo e secondo e un altro calcio nel sedere all'australiano che lascia la F1.
L'ultimo Gp dell'anno, l'ultimo Gp di Webber, l'ultimo Gp di Massa sulla Ferrari, l'ultimo Gp dei motori V8 aspirati prima dell'Era turbo, a chiunque ami le corse non può che lasciare addosso una sola grande sensazione: di sollievo. Per un campionato stradominato da un team e strapasticciato da tutti quanti, governo del Circus in primis. Colpa di errori, invidie, esagerazioni e sospetti. Vedi il dilagante show artificiale dei sorpassi con le ali mobili e le gomme a decadimento prematuro e precoce. Vedi i troppi pit stop. Vedi i piloti centralinisti costretti a parlare via radio per capire dove sono più che a guidare. Vedi i test segreti, vedi gli scoppi di gomme, vedi i team incapaci di mettersi - ancora adesso - d'accordo per fare più prove. Quelle prove gomme che la Pirelli chiede facendo giustamente quanto tardivamente la voce grossa. L'avesse fatto prima avrebbe evitato un danno di immagine. Non a caso l'altro giorno il presidente Tronchetti Provera ha chiesto garanzie e più trasparenza e chiarezza alla Fia anche riguardo l'assegnazione delle gomme ai team. Un problema, questo, che Il Giornale ha anticipato e trattato spesso grazie alle analisi dell'ingegner Benzing.
Per cui sì, la F1 del 2013 va in garage con sollievo. Perché non lascia addosso nulla di positivo. Per dire: mentre Vettel disegnava cerchi sull'asfalto, mentre Webber salutava commosso, mentre la Mercedes andava a consolidare il prezioso (vale 10 milioni in più) secondo posto nei costruttori, Felipe Massa ci ha regalato involontariamente la dimostrazione che in questo momento la Ferrari sta alla F1 come l'Italia all'Europa. Conta poco. Comandano altri. Perché Felipe davanti al suo pubblico era scattato da Dio, da 9° a 6° in un battito e poi gara tosta e poi quelle linee bianche dell'ingresso box tagliate a 300 all'ora, lui come altri (pare, Red Bull comprese). Ma lui penalizzato con un drive through che l'ha sprofondato lontano mentre era 4°. Gli altri solo avvisati. Si vedrà, si capirà. Intanto resta il sapore amaro pensando che quei punti in più potevano servire contro la Mercedes.
Mentre Massa si lecca le ferite «penalità mai vista, l'hanno inventata adesso, altri hanno fatto la stessa cosa ma loro niente, i giudici non sanno quel che fanno, non è la prima volta», mentre Alonso spera nel 2014 «purtroppo qui niente pioggia, mi auguro la stagione cominci in modo diverso», un pensiero per Davide Valsecchi, terzo pilota Lotus, unico italiano in F1.
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