Un'opera d'arte. Preziosa. Unica. Rara. Valentino Rossi è tutto questo. Un capolavoro che l'Italia espone con fierezza in giro per il mondo da diciannove anni. Una vita. Basti pensare che tra la sua prima vittoria in 125 a Brno, nel 1996, e l'ultima, ieri, a Phillip Island, la seconda stagionale dopo Misano, sono trascorsi la bellezza di diciotto anni e 61 giorni. E quasi un decennio, era il 2005, è passato dall'ultimo suo sigillo in terra d'Australia. Più di una vita nel motomondo, visto che a trecento all'ora e impennati e piegati ci si logora disperatamente di più.
Prezioso, unico, raro Valentino. Nelle cose che fa in pista: perché è partito ottavo, perché per farsi largo, là sul podio, ha lottato e a lungo non con un pincopalla delle piste, ma con il compagno e vincitore delle ultime due gare: Jorge Lorenzo. Stessa moto, stesse cose, stessa rabbia e ora, a due Gp dalla fine, otto punti di vantaggio su Jorge per la piazza d'onore mondiale. E prezioso fuori pista, per come risponde quando gli chiedono di commentare l'errore di Marquez, leader in solitaria della corsa finito a terra al giro 16. «Cosa penso del suo errore? Penso che Marc quest'anno ha vinto 11 Gp e prima di parlare di lui bisogna vincerne almeno 8».
E adesso, suvvia, per favore, che non si dica e pensi e commenti che se il giovane campione del mondo non fosse finito a terra, Rossi non avrebbe mai vinto e avrebbe concluso secondo. La verità è che uno ha sbagliato, l'altro no. Punto. Uno adesso dice che «fino a quel momento tutto filava via liscio alla perfezione però non pensavo che l'aria più fredda influisse così tanto sulle gomme e mi sono ritrovato a terra come altri». Dunque, errore, gomme sottovalutate, mea culpa. Soprattutto, schiettezza. La stessa di Rossi quando ammette «sì, quest'anno sono più veloce rispetto al 2013, sono spesso riuscito a battermi sia con Marc che con Jorge, però se Marquez non avesse sbagliato... Corro da tanti anni, ho sempre saputo di potermela giocare con Pedrosa e Lorenzo, Marc era invece una novità e su di lui ho dovuto lavorare. E se poi non avessi sbagliato ad Aragon, magari sarei riuscito a tenere aperto il mondiale e lui sotto pressione chissà... Però va bene così». Certo che va bene. Anche perché basta far di conto: nella classe regina Rossi ha corso 250 gare e vinto 69 volte. Significa che ha conquistato un Gp ogni tre, nonostante il devastante e sterile biennio ducatista.
Valentino, un'opera d'arte. Preziosa. Unica. Rara. Che adesso pone a tutti coloro che l'hanno amata e l'amano, un interrogativo nuovo: forse sarebbe il caso di riporla e custodirla al sicuro. Per ammirarne il palmares incredibile e intoccabile e inattaccabile. Senza che accada a Vale ciò che è successo a Schumacher nelle ultime tre stagioni in Mercedes: di chiudere da perdente.
«Non so se riuscirò mai a trovare la forza di ritirarmi mentre vinco» disse Rossi un giorno quando sedeva in vetta al mondo. Per cui difficilmente troverà questa forza. Si diverte troppo. E ha appena rinnovato per altri due anni. Però è bello cullarsi all'idea che ci possa ancora stupire. Sarebbe la sua vittoria più grande.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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