Dice a uno dei figlioletti fuori scuola, dice «aspetta, 'sta qui che papà risponde a qualche domanda...». Papà è Max Biaggi, quasi 44 anni e due bimbi e una moglie e sei mondiali e una gran voglia di tornare in pista, magari a Misano, mondiale Superbike, a metà giugno con l'Aprilia, manca poco. Mentre sistema i suoi ragazzini viene spontaneo dirglielo, suvvia non farlo Max, lascia perdere, non tornare in pista «e perché non dovrei?» chiede lui. Perché solo in due siete stati capaci di lasciare le corse appena conquistato il titolo, da campioni in carica, evitando tristezze e declini.
«L'altro chi è?»
Jackie Stewart, in F1.
«Ah, beh, un grande vero. Allora meglio che non torni, che mi tenga un record così prezioso».
Non fare così...
«Ma no, è che in fondo ancora non ho deciso».
Come mai per voi piloti è così difficile smettere?
«Però io ho smesso. E da tre anni. Ma resto collaudatore Aprilia. Poi se uno fa una garetta qua e là è come per gli appassionati di calcio: mica vuol dire che sta tornando o è tornato a tempo pieno...».
Non proprio. Veniamo al Mugello, domenica, grande gara...
«Ho goduto nel vederlo guidare in quel modo».
Il tuo amico Jorge?
«Sì, un grande amico».
Ma è proprio un rapporto così vero il vostro?
«Sì, un'amicizia disinteressata per entrambi. Lui tifava per me quando era ancora un ragazzino e io correvo in 250... il corsaro nero, quelle cose lì. Valentino era in 125. Invece tutti hanno detto e scritto che no, Biaggi e Lorenzo sono amici perché Jorge è il rivale di Rossi... Macché...».
In un mondo squalo come il vostro è una cosa rara.
«Sì, abbastanza. Perché c'è affinità fra noi. Siamo molto simili».
Per stile di guida?
«Sì, certamente, quello è piuttosto evidente. Ma anche per il carattere, per il modo in cui tutte le volte Jorge viene dato per finito e riesce a tornare in alto. È successo anche in quest'ultimo periodo. Parte il campionato, va male in Qatar per colpe non sue e vince Rossi. Poi non sta bene in America e vince Marquez, risultato si arriva in Europa, Valentino ha in tasca due successi, Marc uno, la Ducati va bene, insomma gli altri allungano... E lui viene criticato, soprattutto in Italia. Lo massacrano. E Jorge cosa fa? Arriva ad Jerez e non solo vince, domina letteralmente. Quella gara, quella dopo, quella dopo ancora».
Ti rivedi in lui?
«Sì, un po'. Di Jorge mi piace come affronta la vita. In Qatar aveva il casco rotto, l'ha detto, non gli hanno creduto, poi sono venute fuori le foto che dimostravano che aveva corso vedendo il 50%. Ad Austin non stava bene, era imbottito di antibiotici, mi ricordo la sua telefonata, ci sentiamo ad ogni Gp. Eppure questi aspetti sono stati sottovalutati, l'hanno solo criticato e lui zitto. Io al suo posto mi sarei sentito derubato della mia immagine. Lui li ha lasciati fare. Per parlare poi con i fatti».
Ti sei dato una spiegazione del perché Marquez piaccia e come lui Rossi, mentre Jorge no o molto meno?
«Credo che dipenda dal saper fare marketing, dal fatto che ormai conta più esserci che essere. Ne siamo schiavi. Non è importante chi sei veramente, ma quello che vendi di te stesso. Piaci se rispetti tutti gli stereotipi del tuo ruolo: simpatico davanti alle telecamere, o bello, o questo, o quell'altro. Sono come tante caselle predefinite che vanno compilate e se ne manca qualcuna va a finire che non corrispondi all'immagine standardizzata che si deve dare o che vogliono avere».
Marquez, Rossi, Lorenzo.
«Che talenti. Marc ha vinto il titolo al debutto, mai visto. Valentino tanti mondiali. Lorenzo ho già detto. Però nascondono debolezze. Minime. E le possono riconoscere solo loro in pista. Da fuori puoi notare che Marc a volte cade, come al Mugello, che Jorge sbaglia, che Vale può sentire la pressione... Però tre grandi».
Mondiale a tre e due moto praticamente alla pari: Honda e Yamaha. Era una vita che non si vedeva un campionato così d'alto livello.
«È avvincente, certo, ma non per noi. Nel senso che il pubblico si scalda se il duello mondiale è tra italiani. Detto questo, la Yamaha ha raggiunto la Honda, Rossi ha un'occasione d'oro per lottare per il titolo ed è partito benissimo. Gli altri, Marc e Jorge, hanno commesso errori o sono stati sfortunati.
Le Ducati?
«Un campionato fin qui bellissimo. La vittoria è vicina».
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