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«Vi salvo ma basta insulti alla mia città»

Il patron dell'Akragas è di Licata: «Tifosi, date il benvenuto ai licatesi, sennò...»

Gaetano Ravanà

Agrigento «A chi mi chiede cosa servirebbe per un mio rientro economico in Akragas, rispondo che prima di tutto bisogna rispettare le mie origini licatesi, visto che sono i soldi di un originario di Licata ad avere mantenuto l'Akragas in Lega Pro: Licata è la mia città natale di cui vado fiero. Non si può sputare sul piatto dove si mangia. Mi piacerebbe vedere uno striscione con la scritta benvenuti ai licatesi allo stadio e non le solite offese. Bisogna essere masochisti per pagare per essere insultati ed io non lo sono. Rimango a guardare cosa sanno fare senza di me. Intanto io sono fuori e tifo Akragas, questo nessuno può vietarmelo».

Per certi versi è una richiesta che suona tra il serio e il faceto, ma è quello che pensa l'azionista di maggioranza del club di Agrigento, Marcello Giavarini, che detiene il 54% del pacchetto azionario e ha deciso di disinteressarsi del club perché, continua, «non sono accettato da una piazza che nutre un profondo odio per Licata».

A storcere il naso, saranno sicuramente quasi tutti i tifosi biancazzurri. Fra le due città è infatti storica la rivalità, ai livelli di quelle tra Palermo e Catania, tra Pisa e Livorno, tra Roma e Lazio. Tanto più che il Licata calcio, negli anni Novanta, guidato da Zeman, conobbe anche la serie B.

Nel calcio queste rivalità sono sempre esistite, ma Giavarini rincara la dose: «Non me ne frega nulla. Io pretendo il rispetto da parte degli agrigentini verso il mio paese d'origine. Opero e vivo in Bulgaria da anni, ma Licata è sempre nel mio cuore. Non sopporto che in mia presenza, allo stadio, i tifosi dell'Akragas, che vive grazie ai miei soldi, intonino cori contro la mia città. Da quando ho deciso di andare via, nessuno è venuto a dirmi la sostituisco, eppure non pretendo nulla, solo un euro. Evidentemente, l'Akragas per continuare a sopravvivere ha bisogno di un licatese.

Se i tifosi mi dimostrano di non avere più nulla da ridire contro la mia città, sono pronto a tornare al comando e salvare la società da una brutta fine».

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