Firenze - Un italiano cresciuto nel New Jersey, padre abruzzese e madre molisana. Nell'infanzia di Giuseppe Rossi c'erano basket, football americano e baseball, ma il richiamo delle radici faceva rotolare un pallone. Con un sinistro di cachemire è diventato Pepito, un predestinato. Ma il calcio si è trasformato in una via crucis: tre maledetti infortuni alle ginocchia, senza contare gli interventi a corredo. In carriera Parma, United, Newcastle, Villarreal, Fiorentina, Levante e Nazionale: gol e giocate pazzesche. Ultima tappa Celta Vigo, poi il nuovo crac. Pepito è a New York, suda e corre: la sua sfida a 30 anni è tornare, magari in Italia. «Ho più fame di prima, posso ancora stare con i grandi. Voglio tornare Pepito».
Giuseppe, come sta?
«Tutto procede bene. Sono al quarto mese quindi manca ancora un po'. Bisogna avere la giusta pazienza, ma senza perdere di vista l'obiettivo che ti poni. Ogni giorno mi avvicino al traguardo più grande: essere in campo con i miei compagni».
Come si riparte ogni volta da un'operazione al ginocchio?
«Se parliamo di infortuni veri questa è la terza, ma non mi spaventa perché sono sempre tornato più forte di prima. Questo incidente non mi fermerà».
Una storia travagliata alle spalle, ma ha solo 30 anni: cosa direbbe a un club che volesse scommettere su Pepito?
«Posso dare ancora tantissimo, spero possano capirlo perché ho molta voglia di dimostrarlo. Fatemi mettere piede in campo e lo vedrete. Ho fiducia in me stesso e nelle mie qualità».
Domani a Madrid c'è Spagna-Italia: come siamo messi?
«Molto bene, abbiamo un'Italia con una voglia matta di stupire. Poi affrontare la Spagna ti dà sempre il doppio delle motivazioni. Farò un gran tifo in tv».
Il calcio spagnolo è un'eccellenza: cosa la intriga di più?
«Sono abili con la palla, cercano sempre la giocata vincente. E vogliono dominare la gara attraverso un possesso robusto».
Segnò un gran gol al Bernabeu
«Era il 2008, purtroppo col Villarreal perdemmo con un Real di marziani. Per me fu la prima volta contro Cannavaro, un gigante della nostra nazionale».
In testa ai suoi sogni c'è un ritorno in Italia?
«Sì, vorrei riassaporare il calcio italiano perché mi sento a casa. Mi sono sempre trovato bene giocando in serie A, è un ambiente che conosco benissimo».
20 ottobre 2013, data storica per la Fiorentina: da 0-2 a 4-2 con la Juve. Quattro gol in 16 minuti, per lei una tripletta. È la sua foto più bella?
«Credo di sì, grazie ai tifosi viola che mi ricordano sempre quel giorno fantastico. Lo fanno sui social o anche in strada quando mi fermano. Il sogno di noi calciatori è regalare alla gente grandi emozioni: ecco, quel giorno siamo riusciti a farlo».
Campionato appena iniziato: Juve sempre favorita?
«Resta la più forte, poche squadre possono batterla. Con i bianconeri serve la partita perfetta sul piano tecnico e tattico. Roma, Napoli e le milanesi sono in grado però di avvicinarsi nella lotta per lo scudetto».
Più forte l'Inter o il Milan?
«Non lo so, penso sia più importante sottolineare che siano di nuovo in alto a competere».
Il Napoli di Sarri fabbrica il miglior gioco?
«Sì, insieme al Barcellona. È un piacere vederlo giocare, la mano di Sarri è palese. Complimenti ai giocatori e soprattutto all'allenatore: propone un calcio molto estetico e vincente».
È il primo anno senza Totti: quanto mancherà?
«Tanto. Vedere la Roma senza il numero 10 fa un effetto strano. I ricordi che ha lasciato in Italia e nel mondo sono tantissimi. Un giorno sarò fiero di dire che ho giocato contro una leggenda come Francesco».
Giuseppe, che vuol fare da grande?
«Mi basta tornare Pepito, non chiedo altro...».
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