Alla Vuelta in cerca dell'erede di Nibali

Alla Vuelta in cerca dell'erede di Nibali
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Dopo un Tour da far girare la testa e una scorpacciata olimpica ecco la Vuelta. Negli ultimi anni esame di riparazione per quei corridori che fin qui hanno rimediato solo delusioni, anche se a livello di peso è a tutti gli effetti la seconda corsa per importanza. A dirlo non siamo noi, ma i numeri. Non ci saranno Pogacar, Vingegaard ed Evenepoel, ovvero il podio del Tour, ma se alla corsa rosa si sono presentati al via 6 corridori tra i primi 40 del ranking Uci, alla corsa spagnola saranno 17. Ci sarà Roglic, vincitore di tre edizioni in fila, ma dopo la caduta al Tour con frattura di una vertebra è un'incognita. È una Vuelta piena zeppa di salite: tredici le tappe di montagna, con nove arrivi in quota. Il tappone chiave è il penultimo giorno, con l'arrivo sul Picon Blanco. Due le crono, oggi a Lisbona e a Madrid l'8 settembre per un totale di 36 chilometri. Dopo la doppietta Giro-Tour di Pogacar, la Uae punta a imitare la Visma, che un anno fa si impose in tutti e tre i Grandi Giri. Sedici in tutto gli italiani al via di una prova che non vinciamo dal 2015, anno di grazia di Fabio Aru. Tra un Roglic che spera di tornare al suo posto e un Kuss che sogna il bis, ci saranno anche Joao Alemida, Adam Yates e il debuttante Del Toro (tenetelo d'occhio). Con Carlos Rodriguez e Richard Carapaz, Quintana, Landa e Skjelmose ci saranno Giulio Ciccone e soprattutto Antonio Tiberi, forte di un buonissimo 5° posto quest'anno al Giro.

Per il ciociaro questa Vuelta sarà l'occasione per dimostrare al mondo intero che l'Italia ha forse trovato il vero erede di Nibali. È in queste tre settimane di Vuelta che Tiberi può già cominciare a nutrire ambizioni rosa di Giro.

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