Roma - A guardarsi con sospetto andranno avanti in eterno, perché quello tra Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti è un rapporto ormai logorato da troppe incomprensioni oltre che da decine di dimissioni sempre minacciate e mai presentate. Così, nel giorno in cui il Cavaliere scioglie il nodo della riforma fiscale, la notizia sta soprattutto nel fatto che il premier e il ministro dell’Economia hanno deciso per una tregua armata. Con Berlusconi che porta a casa il via libera di Tremonti e annuncia davanti alle telecamere che «c’è l’accordo» e il governo «approverà la legge delega» per la riforma del fisco «prima dell’estate». E con il titolare di via XX settembre che incassa le rassicurazioni pubbliche del premier sul fatto che l’Italia arriverà al close to balance del deficit tra il 2014 e il 2015.
È tregua davvero, dunque. E anche grazie agli uffici del solito Gianni Letta che negli ultimi giorni sembra si sia speso davvero molto per evitare che la corda - mai così tesa tra i due - si spezzasse irrimediabilmente. Altro discorso, invece, è prevedere quanto durerà il cessate il fuoco, impresa pressoché impossibile. Di certo, invece, c’è che chi parla al telefono con Tremonti dopo l’annuncio del Cavaliere lo trova rilassato e collaborativo, pronto a mettere nero su bianco la legge delega sul sistema tributario prima dell’estate. Eventualità che solo qualche giorno fa l’avrebbe fatto rabbrividire. Un Tremonti persino comprensivo verso le richieste di rilancio avanzate dal premier. Che in conferenza stampa ci tiene a ribadire che non c’è stato alcuno scontro come invece raccontato dai giornali. Con il ministro dell’Economia e con Umberto Bossi, assicura Berlusconi, «abbiamo ripetutamente parlato, con modi rispettosi e civili». Sarà.
Il Cavaliere parla anche della manovra correttiva. E spiega che i saldi di bilancio saranno corretti per un importo di 3 o 4 miliardi per il 2011, confermando l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2014. «Quest’anno - dice - credo che interverremo prima dell’estate con un’opera di manutenzione di qualche miliardo. Sarà di quattro, probabilmente tre miliardi circa». «Poi provvederemo negli anni», aggiunge visto che l’obiettivo è quello di arrivare a 40 miliardi nel 2014 con l’obiettivo di arrivare al pareggio di bilancio. Ma, dice il Cavaliere, «non c’è nulla di preoccupante» perché «siamo in una posizione privilegiata» e in Europa «sta meglio di noi solo la Germania». In Italia, infatti, «non abbiamo aumentato violentemente l’età pensionabile, non è stata alzata fortemente l’Iva, non sono stati licenziati o tagliati gli stipendi dei dipendenti pubblici». Insomma, tutto è stato fatto «senza aumentare le imposte».
Berlusconi parla anche dei referendum, che nonostante il low profile tenuto dal governo restano comunque un passaggio delicato. È chiaro, infatti, che se si arrivasse al quorum sarebbero i «si» a prevalere. E se oggi si parla solo di nucleare ed acqua, da lunedì sera i riflettori si sposterebbero sul legittimo impedimento con tutta l’opposizione a chiedere le dimissioni del Cavaliere. Che interpellato sull’argomento non ci gira troppo intorno: «Penso che non mi recherò a votare: è diritto dei cittadini decidere se votare o meno per il referendum».
Altro capitolo quello della liberazione di Cesare Battisti con il Brasile che ha detto «no» alla richiesta di estradizione dell’ex terrorista dei Pac avanzata dall’Italia. «Siamo convinti delle nostre buone ragioni, sappiamo come si sono svolte quelle vicende e abbiamo testimonianza plurime. Abbiamo fatto - spiega il premier - tutto quello che era nelle nostre possibilità nei confronti di uno Stato indipendente e nostro amico». Certamente, aggiunge, la decisione della Corte suprema brasiliana «non ci ha fatto piacere» perché «è un responso che non corrisponde alla realtà, che ferisce il nostro senso di giustizia, e ferisce coloro che hanno subito quelle vicende». «Cosa vogliamo fare, la guerra al Brasile? Ricorreremo all’Aia e non abbiamo la sfera di cristallo per poter dire cosa decideranno».
Un Cavaliere a tutto campo, dunque. Che durante la giornata deve occuparsi a lungo delle tensioni interne al Pdl. A Palazzo Grazioli, infatti, sfilano molti degli «insofferenti», da Gianfranco Micciché a Claudio Scajola. Con il primo che annuncia l’uscita di Forza Sud dai gruppi parlamentari del Pdl. «Lo stiamo comunicando ufficialmente alla Camera e al Senato», dice lasciando Palazzo Grazioli. I parlamentari che fanno capo Miccichè, in attesa «della nascita del partito per le prossime elezioni», resteranno nei gruppi misti.
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