Mi soffermo sulla replica del discorso di Matteo Renzi all'Europarlamento. Dell'intervento di Strasburgo mi ha colpito, tra l'altro, il forte cenno a un Rinascimento italiano e, quindi, europeo. Il nostro premier ha parlato di un'Europa competitiva a livello globale. Il Rinascimento, che a Firenze ha conosciuto il massimo splendore, deve essere un obiettivo condiviso fin dal primo Consiglio europeo. Il nostro continente non può perdere l'appuntamento con la storia. Le parole sono forti e belle. Ma il peso specifico d'un discorso si misura sulla bilancia dei fatti.
Bergamo
Caro Sìcari, non so esattamente con quali parole e in quale contesto Matteo Renzi abbia auspicato per l'Europa un nuovo Rinascimento. Se l'ha fatto riferendosi a ciò che il Rinascimento ha rappresentato per la cultura e l'arte italiana ed europea gli do non una ma mille ragioni. Lo splendore di quella stagione aveva forse avuto un precedente nell'Atene di Pericle, ma l'umanità non vide mai più uno splendore uguale. Ma se il riferimento è, per dirlo sinteticamente, alla politica, il discorso secondo me cambia profondamente. L'artista, il mercante e il mecenate furono i protagonisti del nostro Rinascimento. Che vide tuttavia la progressiva marginalizzazione dell'Italia per l'affermarsi altrove delle grandi monarchie, per le scoperte geografiche, per la Riforma protestante, per gli inizi della scienza fisica moderna. In quest'ottica il Rinascimento segnò una fase di recessione. Michelangelo, che del Rinascimento, fu sommo genio, non lesinava il pessimismo al mondo che lo circondava.
Alla statua della Notte, uno dei capolavori creati per la tomba di Giuliano de' Medici, attribuì questi versi: «Caro m'è il sonno e più l'esser di sasso/ infin che il danno e la vergogna dura./ Non veder, non sentir m'è gran ventura,/ però non mi svegliar, deh, parla basso».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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