I questi giorni non pochi media fanno riferimento all'imminente Conclave, parlando di «giochi» prossimi ad «aprirsi». «Giochi» imbastiti dai Cardinali, tanto per rispettare il trito copione mediatico. Simile terminologia, piatta e greve come un mattone, non sorprende, ma non brilla né per intelligenza, né per inventiva. Si limita a banalizzare certo linguaggio calcistico, suscitando, tra l'altro, la penosa sensazione che certi «comunicatori» abbiano idee molto vaghe in materia di Conclave. Una parola che, a molti credenti, anche non istruiti, suggerisce l'immagine di una Chiesa viva e vitale, non divisa da «lotte intestine» come alcuni vorrebbero farci credere.
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Caro Ferrari, ritengo ingiusta la sua severità verso i mezzi d'informazione per il modo in cui hanno annunciato e commentato l'imminente conclave. Non la ritengo ingiusta per motivi corporativi, ossia per il mio appartenere alla categoria che è oggetto delle sue accuse. Non ho mai elargito lodi indebite ai giornalisti e al giornalismo, anzi. Ma i bravi colleghi - lascio da parte i non bravi - che si sono occupati delle dimissioni di papa Ratzinger e delle conseguenze derivatene hanno fatto il loro lavoro. La terminologia da lei deplorata è legittimata da fatti, inchieste, interviste, comportamenti. Ne può essere offeso chi, per fede, conferisce al Conclave un'altissima sacralità e ritiene che lo Spirito Santo sovrintenda allo svolgimento di quella assemblea religiosa. Un punto di vista molto rispettabile, perfino ammirevole.
Ma la storia e l'attualità ci dicono che molti conclavi passati sono stati qualcosa di ben diverso dalla solenne scena vista nei dipinti d'occasione, e che in vista del prossimo s'annunciano inquietudini che sono il lascito d'un periodo travagliato nelle vicende della Chiesa. Alla quale si può senz'altro riconoscere il merito d'essere viva e vitale, non quello d'essere immune da «lotte intestine».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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