Ecco, cè un momento del nostro Risorgimento che spesso fa comodo dimenticare: la Repubblica Romana. Era il 1849, quasi un secolo prima del referendum del 2 giugno. Giuseppe Mazzini governava al Quirinale, il Papa era stato allontanato, Garibaldi comandava un esercito di volontari scomposti e caciaroni che erano però la meglio gioventù di allora, arrivati da ovunque e tutti con lo stesso sogno, la Repubblica, che poi in cinque mesi i cannoni francesi sbriciolarono ad alzo zero. Per la terza volta nella storia, la volta più breve, Roma divenne la culla di un cambiamento epocale che poi libri e storici hanno ricordato con faziosa comodità. Ad esempio, nellultima Mostra di Venezia, presentando il kolossal risorgimentale Noi credevamo, il regista Mario Martone ha definito Mazzini «un vero terrorista» neanche fosse un sanguinario Ayman al-Zawahiri.
Nientemeno.
In realtà, come spiega lattore Edoardo Sylos Labini che stasera sul Palco di Porta Pia a Roma (alle 18.20 e alle 21) sarà Mazzini in Disco Risorgimento - La meravigliosa avventura della Repubblica Romana, «quello è stato un giudizio forse troppo superficiale perché Mazzini non avrebbe mai toccato il popolo innocente». Dunque, per recuperare almeno un po del clamoroso significato simbolico di quei cinque mesi che entusiasmarono il mondo, lo spettacolo di Sylos Labini, attore assai sofisticato e perciò necessariamente popolare, è decisivo.
In scena, lui che prepara minuziosamente ogni sua opera, legge Foscolo, Manzoni, Leopardi, viene accompagnato da una cantante (Barbara Di Bartolo) e soprattutto dal dj Antonello Aprea perché questo, signori, è «disco teatro», una sorta di «integrazione tra drammaturgia e sonorità elettroniche», un modo di «recitar cantando» che ha trasformato Sylos Labini in un precursore (con il contributo del drammaturgo Filippo Gili, con il quale è nata lidea di affrontare in questo modo il Risorgimento).
La struttura musicale, presa da Giuseppe Verdi e mixata esaltando la trama dellopera, è laltro modo di raccontare questa meravigliosa avventura utopica. In poche parole, a poca distanza da dove Michele Placidoporta in scena i «padani» fratelli Cairoli, stasera andrà in scena il Mazzini più autentico e sanguigno, fedele alle più sincere ricostruzioni storicopolitiche ma anche spiegato con un attualissimo linguaggio musicale.
«Il tema affrontato - spiega Sylos Labini - è di alto profilo storico e la musica attira un pubblico che magari non lo prenderebbe in considerazione». Autentico coraggio.
In fondo, la scena teatrale è spesso troppo stardardizzata e a compartimenti stagni: e Sylos Labini, cui hanno anche attribuito i carati dellattore «futurista», ha le carte in regola per allargarne i confini, sfoggiando unaudacia creativa che non ha bisogno di troppa enfasi per far capire a quale livello di eccellenza arrivi.
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