Statali, la vertenza non si sblocca e i sindacati accusano il governo

Vertice a vuoto: non ci sono soldi La Cisl: modestia preoccupante

da Roma

Non è stato il giorno della pace tra governo e statali. L’incontro di ieri sera all’Aran, che avrebbe dovuto fare chiarezza sulle risorse per gli aumenti, è solo servito a sancire un nuovo rinvio, per il momento di due giorni, e a confermare il temuto sciopero del primo giugno.
Il vertice - ufficialmente l’avvio del negoziato - è durato pochi minuti. Giusto il tempo per la comunicazione che serviranno altri cacoli per sbloccare gli aumenti, relativi al biennio 2006-2007. «L’incontro è iniziato e finito quasi contestualmente, perché l’Aran non è in grado di avviare con noi il negoziato», ha riferito il segretario confederale della Uil Paolo Pirani. I prossimi due giorni, quindi, secondo l’agenzia che cura le relazioni sindacali per lo Stato, dovrebbero servire a «fare bene i conti». Mancherrebbero solo dei «dati tecnici» che devono arrivare dal Tesoro. Un ostacolo che i sindacati considerano tutto politico. «Per noi l’appuntamento rimane solo quello del primo giugno, con lo sciopero che stiamo preparando», dice un sempre più pessimista Rino Tarelli, segretario della Cisl-Funzione pubblica. Il problema per il sindacalista è che «con questo governo la mano destra non sa cosa fa la sinistra. Il governo ci convoca, il ministro dice che ci sono le risorse e poi rinviano l’incontro. Nel condurre le trattative questo governo sta dimostrando una modestia preoccupante».
L’ostacolo sono pochi euro. L’offerta del governo sarebbe salita a 97 euro, ma i sindacati non sono disposti a cedere rispetto ai 101 dell’intesa presa a suo tempo con il ministro della Funzione pubblica Luigi Nicolais. Il braccio di ferro vede da una parte le organizzazioni sindacali della funzione pubblica e dall’altra il ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa e nel ruolo di mediatori il premier Prodi e i sindacati confederali, che sperano di sgombrare il tavolo dalle vicende degli statali per dedicarsi a tempo pieno alla trattativa sulla previdenza.
Ieri a farsi sentire sulle pensioni sono state le categorie. Il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli ha sottolineato come «andare in pensione un po’ più tardi non è un dramma, e soprattutto, è una necessità quando la vita si allunga». Presentando un rapporto sul terziario con il ministro Pier Luigi Bersani e Giulio Tremonti, Sangalli ha auspicato un metodo bipartisan su questi temi.

E ha criticato la concertazione del governo Prodi: sempre gli stessi interlocutori, cioè Confindustria, Cgil, Cisl e Uil, e soluzioni che non sono adatte a una realtà in cui il 70 per cento dell’occupazione e del valore aggiunto viene dai servizi.

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