L'escalation dei suicidi per «crisi» non si ferma e anzi pare, oramai, incontenibile, non passa giorno che non si debba registrare un nuovo caso al nord al sud o al centro Italia. È noto che, in senso generale, chi prende questa estrema decisione lo fa per un coacervo di ragioni, ma oggi sempre più spesso ci si uccide a causa di problemi economici derivanti da una crisi che porta, chi rimane impigliato nellingranaggio del sistema debitorio, ad estreme decisioni, qualcuno parla di danni collaterali liquidando il fenomeno come qualcosa di ineluttabile, tuttavia questi fatti non possono e non devono lasciarci indifferenti non ci si può abituare all'idea che qualcuno sacrifichi la propria vita sull'altare della crisi.
Ogni cinque giorni, un lavoratore autonomo abbandona il ring poiché sopraffatto da problemi economici a cui non vede via d'uscita. Il totale dei suicidi da inizio crisi supera i 300 casi, una vera strage! Un paese che ha ambizioni di riscatto sul piano interno e internazionale non può permettere che i propri cittadini trovino nel suicidio lunica soluzione ai loro problemi economici. I lavoratori autonomi sono, troppo spesso, vittime di discutibili regole coercitive di recupero crediti adottati dallente di riscossione in assenza di onesto contraddittorio.
Ogni giorno un nuovo nome si aggiunge al triste elenco di chi in preda alla disperazione ha visto nel suicidio l'unica via di fuga alla sua disperazione.
Il fenomeno dei suicidi sta assumendo anche nel nostro paese livelli altamente drammatici e non deve consolare la notizia che in tutta Europa l'insolito fenomeno continua a crescere di mese in mese. Oggi in Europa si contano più vittime per suicidi che per incidenti stradali, 58.000 nel solo 2011. In Italia sono centinaia i suicidi «da crisi», oltre agli imprenditori vanno ricordati i suicidi da «disoccupazione» che sono strettamente collegati ai primi.
La riluttanza da parte dei mezzi di informazione ad occuparsi con la dovuta partecipazione di questo fenomeno sottintende un senso di imbarazzo e vergogna da parte del governo, vero responsabile di questa ecatombe, ma è proprio di vergogna che bisogna parlare se si è arrivati a constatare che il fenomeno trova la sua precisa collocazione in un insieme di condizioni arrivate a maturazione, queste condizioni se è pur vero che sono legate alla crisi internazionale si potrebbero contenere se si avviassero quelle contromisure che solo il buon senso può suggerire, una per tutte: il rispetto dei termini contrattuali dello Stato verso le imprese che per esso lavorano.
Come diceva Durkeim «...la marea crescente delle morti volontarie testimoniano uno stato di crisi di perpetuazione che può protrarsi pericolosamente». Siamo già ad un livello di guardia!
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