Le stime: tre anni valgono il 50%. Tutti in pensione più tardi

Nel bel libro di Umberto Simonetta I viaggiatori della sera in un futuro prossimo venturo i cinquantenni vengono prima confinati in un villaggio vacanze per poi essere imbarcati su una crociera della morte. Il Fondo monetario internazionale non si spinge a tanto, ma posa un occhio ugualmente inquieto sugli «enormi rischi finanziari» legati all’invecchiamento della popolazione. Da un punto di vista umano, di un “rischio longevità” non si dovrebbe neppure parlare. Il mondo progredisce, e la gente - naturalmente - vive più a lungo. Ciò non toglie che il fenomeno è serio, viene da tempo studiato e ha indotto un Paese come l’Italia, fisiologicamente allergica alle riforme, a mettere mano più volte negli ultimi anni al pilastro previdenziale.
Il nodo, almeno secondo le analisi del Fondo guidato da Christine Lagarde, è tuttavia legato alla tenuta futura degli attuali sistemi pensionistici. «Se la durata della vita media entro il 2050 - è l’allarme lanciato dal rapporto - dovesse aumentare di tre anni in più rispetto a quanto previsto oggi, un disallineamento in linea con quelli avvenuti nel passato, il costo già vasto dell’invecchiamento aumenterebbe del 50%». Un costo insostenibile. Che fare, quindi? L’organizzazione di Washington suggerisce di agire su più binari: da un lato, con un aumento dell’età pensionabile (obbligata o volontaria); dall’altro, con maggiori contributi per i piani pensionistici. Un meccanismo tutt’altro che indolore sia per i lavoratori, sia per i prossimi pensionati.
In questo modo, secondo l’Fmi, è però possibile allungare il periodo in cui si accumulano risorse e al tempo stesso si accorcia quello in cui si ricevono prestazioni. Se non è possibile agire su questo versante, bisogna permettere «flessibilità» sulle prestazioni agli enti pensionistici: «dove non si possono alzare contributi o età pensionabili, le prestazioni potrebbero dover essere abbassate». Sulla base delle stime Onu, già con un ricambio del 60% le spese aggregate raddoppierebbero, passando dal 5,3 all’11,1% del Pil delle economie avanzate e dal 2,3 al 5,9% del Pil di quelle emergenti.


Resta da verificare se questa interminabile stagione contrappuntata da continue crisi economiche e del debito sovrano sia il momento migliore per concentrarsi su un’ipotesi (è di questo che stiamo in fondo parlando) di come potrebbe essere il mondo tra 40 anni. Il presente è meno virtuale è più buio. Lo stesso Fmi conferma, con un’affermazione che suona come una resa: «Oggi non ci sono più asset veramente sicuri». Neanche la pensione.

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