Stop al machismo: è come un fucile pronto a far fuoco

Gentile direttore, desidero ringraziare Marcello Veneziani per il garbo e l’intelligenza con cui ha proposto ai lettori de il Giornale le sue riflessioni critiche sulla mia persona e sul mio protagonismo politico.
Se potessimo tutti vivere la vita pubblica senza sprofondare nella palude delle contumelie e delle risse, la politica potrebbe riscattare la propria immagine e il proprio ruolo. Purtroppo non è così. La politica è rumore, gossip, violenza verbale, giudizio apodittico: e a me spesso è capitato in sorte di essere tramutato in un bersaglio mobile per la politica ridotta a poligono di tiro. Mi piace perciò respirare a pieni polmoni l’aria pulita del rispetto e della contesa civile. Ma tuttavia vorrei interloquire con Veneziani, innanzitutto sul tema del «bipolarismo sessuale». Io penso che sia giunto il tempo in cui diventa necessario smettere di considerare il maschilismo - con il suo lessico priapesco e la sua vocazione «venatoria» - come una sorta di folclore: il sentimento di onnipotenza che, talvolta persino pateticamente, spinge il genere maschile a usare il vocabolario come una carabina pronta a sparare, è un retaggio di brutalità arcaica, non fa ridere ma fa male, alimenta l’immaginario collettivo con pulsioni predatorie. Io non vanto la mia sessualità, non propongo la mia diversità come un paradigma: semplicemente non la nascondo, mi sento affrancato da quella oppressione che faceva dire a Oscar Wilde che l’omosessualità è «l’amore che non osa pronunciare il proprio nome»: appunto, io penso che non si possa vivere nell’anonimato, darsi nome e dare nome alle cose è necessario per imparare a conoscere, a discernere, a giudicare. Ma Veneziani non può fingere che tutto questo sia normale, acquisito, politicamente corretto: con Marcello condivido la passione per la poesia e per il Sud. Io ho rotto il silenzio su di me a vent’anni, in un paese di Puglia, oltre trent’anni fa. Un giorno scriverò un libro sull’esperienza del soffocamento, dell’apnea, della paura, del dolore: con queste monete io ho potuto comprare la mia libertà e la mia dignità. E ho camminato sempre a testa alta. Oggi sogno un’Italia libera dal sessismo e dalla sessuofobia, capace di educarsi al rispetto delle differenze, capace di non ridurre l’umanità ad un cumulo di etichette. Anche la storia del comunismo rischia di vivere solo come una etichetta, una specie di «vizietto». Ma Veneziani me ne vuole addossare il peso storico, tutto sulle mie povere spalle: tra tutti gli ex comunisti ha scelto me, e non Sandro Bondi o Giuliano Ferrara. Io sono tra coloro che hanno vissuto la propria militanza comunista in permanente ed esplicita «alterità» rispetto all’Est e alla cortina di ferro, sono stato sempre anti-stalinista, ho sempre detto e scritto che i gulag non erano un «errore» ma erano «l’orrore»: il comunismo italiano è stato per me il rapporto diretto con i braccianti pugliesi, ma anche il Vasco Pratolini di «Metello», e poi Calvino e Pasolini, e poi Pavese de «Il compagno». L’idea che la libertà non dovesse essere solo cibo per ricchi, l’idea che la miseria non fosse un destino ineluttabile. Era, Veneziani lo sa bene, una «grande narrazione». Poi è crollato tutto, è finita una sorta di Chiesa e questo ha scombussolato non solo gli ortodossi ma anche noi eretici. Ma sono tra coloro che non vuole buttare a mare il bambino con l’acqua sporca. Penso che la politica vada coniugata a quel principio-speranza di cui parla Ernest Bloch. Per quel che riguarda le mie virtù di governatore mi piacerebbe non discuterne in chiave difensiva, farei vedere ai miei critici qualche comparazione col passato o con altre regioni, ma Veneziani è un filosofo e della sua e mia filosofia mi piaceva soprattutto oggi discutere. Con amicizia.
*Presidente della Regione Puglia


Caro Vendola, continuo a credere che la politica si faccia con le categorie della politica; l'omosessualità non rientra tra queste, il comunismo invece sì. E il comunismo è stato, sì, una grande speranza per chi lo ha abbracciato in buona fede, ma una grande tragedia per chi lo ha subito. E se ogni comunismo ha dato frutti nefasti, vuol dire che il difetto era nel manico, cioè nell'idea stessa. In altra occasione ti risponderò più nel dettaglio; anzi volentieri ne discuterò con te, pubblicamente. In tema di omosessualità capisco il tuo travaglio e lo rispetto, ma vorrei che l'omosessualità rientrasse nella sfera privata (non segreta, non maledetta, ho detto privata) e non diventasse argomento anche demagogico per la sfera pubblica.

Sul tuo operato di governatore ho un giudizio negativo, anche nel paragone con chi ti ha preceduto. La stessa Puglia che ci unisce sul piano degli affetti e della poesia, ci divide sul piano della gestione e della cultura politica.
MV

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