Se la Spagna piange la morte del giovane terzino del Siviglia Antonio Puerta, non ride di certo per lo stop forzato del suo ciclista più rappresentativo, Alejandro Valverde. Da oltre un anno, da quando è esplosa l«Operacion Puerto», che è costata la carriera a Jan Ullrich e due anni di squalifica per Ivan Basso, il nome del corridore murciano era sulla bocca di tutti. A chiamarlo in causa alcune sacche di sangue rinvenute nei laboratori del famigerato dottor Eufemiano Fuentes, con la scritta «Valv-Piti» (Piti è il nome del cane del corridore). Tutto molto chiaro, tutto molto sospetto, meno che per gli inquirenti spagnoli, che ai primi di marzo si sono adoperati per larchiviazione. Secondo la tivù di Stato tedesca Ard, addirittura su esplicite pressioni del governo Zapatero, preoccupato da uno scandalo di proporzioni planetarie, visto che lo stesso Fuentes ha confermato a più riprese di avere tra i propri assistiti «non sono ciclisti, ma calciatori, tennisti e maratoneti...». Questa la storia di ieri.
Oggi cè la presa di posizione, finalmente ufficiale anche se tardiva, del governo della bicicletta (Uci): niente Mondiali per Valverde (contrariamente a quello annunciato in Germania, ci sarà Erik Zabel) e la federazione iberica dovrà avviare rapidamente un procedimento disciplinare nei confronti dellatleta. E ora? La federazione spagnola ha le mani legate, fin quando il governo Zapatero non darà il via libera a riaprire un caso che ha voluto che fosse rapidamente chiuso. Quindi, o Valverde si scagiona da solo chiedendo lesame del Dna (altrimenti non corre. Se colpevole rischia due anni di squalifica e un anno di stipendio, oltre 2 milioni di euro), oppure deve sperare che i vertici del ciclismo spagnolo facciano finta di aprire uninchiesta e prontamente la chiudano con un proscioglimento. In questo caso, però, lUci potrebbe ricorrere al Tas. Il vero nocciolo di tutta questa vicenda è il rapporto sport-Stato.
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