La bellezza d'essere «quattro occhi e due stanghette». L'espressione, usata anche in senso spregiativo, sprigiona solo il fascino nella collezione d'occhiali di Sebastiano e Renata Crisafulli, mille pezzi che riassumono la storia del costume attraverso lo strumento più intrigante e difficile visto che s'appoggia sul mistero del volto.
Piccoli, di una rotondità che pare fatta col compasso, gli occhiali tibetani con lenti in cristallo di rocca oscurate del XVII secolo. Un paio sono addirittura in legno. «Non erano da vista. Servivano per andare dall'Imperatore che, simboleggiando la luce, non si poteva guardare negli occhi» spiega Sebastiano Crisafulli. Dal rigore tibetano alla civetteria dei pezzi dell'azienda Tura americana che negli anni '50 faceva i modelli per Marilyn Monroe. «Angolo rialzato all'insù con strass a taglio baguette. Molti in allumunio. Un paio contengono cento micron d'oro, cosa eccezionale dato che i pezzi più preziosi ora in commercio sono prodotti con soli trenta micron».
Frutto della ricerca tra antiquari e mercatini italiani, francesi, inglesi, la raccolta parla dell'ingegnosità usata dall'uomo per trasformare un difetto in vezzo. I primi occhiali, che risalgono al 1200, furono escogitati da monaci toscani. «Erano in cuoio; trovarli è un'impresa, come è un'impresa oggi imbattersi in modelli artigianali che escano dagli schemi della produzione in serie». Eppure Crisafulli, che ha aperto un negozio d'ottica, ViaDantenumerosedici dove vende i Lamborghini ecologici in carbonio, va sempre alla scoperta di montature dove la tecnica si unisca alla fantasia. Come quelle realizzate manualmente negli anni '80 dall'azienda del Cadore «Casanova», dove lavoravano donne esperte nel dipingere con pennellini intinti in colori vivaci i bordi della montatura. Un occhiale tondo con una lente più grande e una più piccola, un altro in cui si inseriscono lateralmente delle palette. Se la paletta era verde, significava che la ragazza «stanghettata» era libera, se rossa che era impegnata. Un altro con serpente e mela: le lenti del peccato originale, perché non si può escludere che Adamo ed Eva fossero occhialuti.
«Nel 1980 cercai di produrre quelli di Adrian Koutobidis, un australiano esperto nel lavorare montature in legno. Era un genio e così povero che rifiniva le sue opere con lo smalto per unghie della moglie». Dalle scatole del collezionista, nato a Catania ma milanese dal 1961, escono forme da cinema. Draghi, aquile, farfalle, ragni contornano le lenti delle «visioni» del passato. Sebastiano e Renata stanno pensando di raccogliere tutte le chicche in un museo, perché gli uomini ritrovino il coraggio di osare.
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