Angelo Coriandolo
Una storia di straordinaria umanità, nella quale religioni e tradizioni diverse si incontrano e questo incontro diviene un ponte per la vita e per il futuro. È quanto è accaduto tra il litorale ligure e Masone, piacevole cittadina di quattromila abitanti adagiata sulle colline del genovesato, negli anni più bui del secolo scorso, quelli della seconda guerra mondiale. Giorni difficili, di terrore, di fame, di paura. Giorni nei quali un popolo intero, gli ebrei, era divenuto preda di uno sterminio scientificamente studiato e realizzato. Giorni nei quali la follia del totalitarismo nazista si è infranta dinanzi alla dignità e al coraggio di tanti uomini e donne che non hanno rinunciato alla loro umanità.
«Masone parrebbe essere un paese 'a-fascista' così come parrebbe essere un paese 'a-antifascista', a motivo del forte radicamento nella tradizione cattolica della nostra gente - spiega Piero Ottonello, studioso di storia locale. - Nel periodo tra le due guerre mondiali Masone era una località di villeggiatura molto rinomata e durante la seconda guerra mondiale vi trovarono rifugio circa tremila sfollati» continua Ottonello. Nel novembre 1943, dalla corriera proveniente da Campoligure scende una coppia di sposi con i due figli, uno dei quali è in braccio alla mamma. Sono ebrei genovesi, nel capoluogo ligure «nella centralissima via Fieschi - spiega Paolo Ottonello, assessore alla Cultura del Comune di Masone, insieme a Piero Ottonello (non parenti, solo omonimi) appassionato cultore di storia locale - gestivano un'attività commerciale, licenziatari di una nota impresa inglese del settore del cotone impermeabilizzato». Nel tentativo di sfuggire alle persecuzioni naziste si rifugiano sulla riviera di levante, nella zona di Recco «il luogo più bombardato d'Europa nella seconda guerra mondiale» come ricorda Piero Ottonello. La caccia all'ebreo si estende ovunque e la famiglia, avvisata da una persona di buon cuore, troverà asilo in un convento di suore sulle alture della località rivierasca, nella zona del valico della Ruta. In questi frangenti viene alla luce il secondogenito della famiglia genovese, la quale si troverà a percorrere una discreta, quanto efficacissima «via dei conventi» che li porterà in salvo. Ad attenderli alla fermata dell'autobus una ragazza allora ventenne, Chiara. «Mia vicina di casa, classe 1924, che andò a riceverli dietro indicazione dei genitori a loro volta informati dalla zia Suor Genesia - racconta l'assessore alla Cultura di Masone - per accompagnarli in una cascina dove alloggeranno sino al rastrellamento della Benedicta, il 19 maggio 1944. L'avvicinarsi dei soldati nazisti alle cascine - continua Paolo Ottonello - costringe la famiglia ebrea genovese a cercare un altro rifugio».
I due bambini vengono accolti in altrettante famiglie del paese, mentre i genitori trovano asilo nel campanile della chiesa di Cristo Re di Masone, la parrocchiale del paese «grazie alla disponibilità di don Franco Buffa, il parroco d'allora» continua Paolo Ottonello. «Parroco e medico - interloquisce Piero Ottonello. - Quella di don Buffa è una vocazione adulta: diventa infatti sacerdote a trentotto anni, dopo la laurea in medicina e dopo aver esercitato la professione. Don Franco, parroco di Masone dal 1934, ospita la coppia ebrea genovese nel campanile della chiesa, cosciente del rischio di essere fucilato sul posto, qualora venisse scoperto. «Masone era sede del Comando della Wehrmacht e di un distaccamento di Bersaglieri Difesa Costiera della Repubblica Sociale Italiana» osserva in proposito Piero Ottonello. Don Buffa non si limita ad ospitare i coniugi nel campanile: oltre al pranzo e alla cena, insieme a loro ascolta le trasmissioni di Radio Londra. E in una stanza della torre campanaria della chiesa parrocchiale, suggestiva e intensa testimonianza della fede dei masonesi, «una delle prime dedicate a Cristo Re» fa notare don Roberto, giovane e affabile viceparroco, sono ancora visibili alcuni disegni, qualche scritta sbiadita e dei caratteri che richiamano l'alfabeto ebraico.
Una figura, quella di don Franco Buffa, rimasta viva nella memoria di Masone. Tuttavia, il sacerdote medico che ospitava gli ebrei nel campanile, alla fine della guerra, nella primavera del 1945, fu minacciato e il vescovo monsignor Giuseppe Dell'Omo ritenne prudente destinare il sacerdote ad un'altra comunità parrocchiale. Leggiamo nelle memorie di monsignor Dell'Omo pubblicate sul periodico diocesano «L'Ancora» (11 novembre 1990, a cura di Giacomo Rovera): «Da pochi giorni era stato prelevato e ucciso il parroco di Tagliolo, don Pellizzari, e poco prima era stato ucciso il segretario comunale di Masone a opera di persone della zona
». In questo periodo l'arciprete di Masone e anche il vescovo diocesano ricevono lettere di minacce contro Don Buffa, nelle quali il sacerdote era accusato di aver simpatizzato per il fascismo. «Avrà anche benedetto i gagliardetti, però ospitava gli ebrei nel campanile» osserva Paolo Ottonello. Monsignor Dell'Omo, addolorato per l'assassinio di don Pellizzari e preoccupato per la sorte di don Buffa, ritiene opportuno trasferire quest'ultimo, nonostante egli godesse la fiducia e la stima dei suoi parrocchiani. Don Buffa lascerà spontaneamente la parrocchia il 25 maggio 1945 dopo aver guidato un pellegrinaggio al Santuario di Nostra Signora della Guardia. «Lettere, minacce, ecc. furono tutte opera di una minoranza di poche persone che - leggiamo sempre nelle memorie di monsignor Giuseppe Dell'Omo - avendo astio verso la persona di don Buffa, approfittarono dei tristi tempi e pericolosi per dar sfogo al loro odio».
Tempi tristi e pericolosi, che non hanno fermato gesti di solidarietà umana, discreti e luminosi, di persone che non esitavano ad esporsi per aiutare gli ebrei braccati.
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