Cronaca locale

La storia non si cancella per i soldi Il finale è sempre stato scritto qui

Dai duelli Guerra-Binda ai trionfi di Bartali e Coppi all’Arena o al Vigorelli: pure Gianni Brera direbbe no a uno spostamento

Domenica 30 luglio, nel sole radioso delle Dolomiti, oltre 1500 ciclisti attendevano il via della tradizionale Cortina-Dobbiaco. Autorità e personaggi delle due ruote aspettavano il colpo di pistola! E fra essi ho salutato un vecchio amico, l’industriale Ernesto Colnago che 61 anni or sono era meccanico di una squadra del Giro d’Italia e poi, intelligente e intuitivo qual era è salito nell’olimpo degli industriali del mondo, ovviamente della bicicletta. È stato lui a dirmi di avere saputo che probabilmente il Giro d’Italia 2007 non dovrebbe avere più il traguardo a Milano, dove è nato quasi cento anni orsono. Era sorpreso e contrario, come lo sono io che amo il ciclismo dai tempi mitici di Binda e Guerra e che ho poi avuto la fortuna di «governare» una squadra al Giro d’Italia che il mio atleta prediletto, Gastone Nencini, vinse nel 1957.
Il trionfo avvenne a Milano. Questo eventuale spostamento di traguardo conclusivo, probabilmente voluto o sospinto anche legittimamente dagli immancabili e necessari sponsor, non lo trovo al tempo giusto. Nella vita, e nello sport, esistono situazioni felici e irremovibili come i monumenti nelle piazze ai grandi della storia. La musica di Verdi al Teatro di Parma e armonie più diversificate alla Scala di Milano che, guarda l’analogia, proprio negli ultimi anni era stata costretta a spostare i concerti della città agli Arcimboldi, per dar modo alle autorità di restaurare e ingrandire il suo storico palazzo. In quella sede temporanea tutto era uguale a prima, orchestre, direttori, ovviamente, autori e cantanti, ma stando in poltrona i sentimenti degli spettatori erano diversi.
E questo vale anche per lo sport. Esistono luoghi e tappe storiche che non vanno rimosse, per lo sci la Coppa del Mondo a Cortina d’Ampezzo, la 3 Tre a Madonna di Campiglio, il Trofeo Topolino che tutto il mondo vorrebbe, ma invece è trentino e lì dovrà sempre restare, il Gran Premio di Monza per bolidi di Formula Uno, la Biennale di Venezia per l’arte, il Festival della canzone a San Remo, e per restare in zona, la Milano-San Remo ciclistica e sicuramente altro.
Del Giro d’Italia ricordo arrivi anche degli Anni Trenta, bastava quella fotografia in prima pagina per avvertire una forte emozione, il volto sanguigno di Learco Guerra che sorrideva felice oppure il braccio sollevato con compostezza dell’elegante Alfredo Binda. E poi l’esultanza di Gino Bartali e, per contrasto, il sorriso compassato di Fausto Coppi che la folla delle tribune dell’Arena salutava come autentici eroi. Finita la guerra nel 1945 gli arrivi si sono alternati fra l’Arena e il nuovo Velodromo Vigorelli con esultanze diverse ma sempre da sagra corale che diffondeva un senso di gioia e gratitudine con attimi di spessore difficilmente riscontrabili nel nostro tempo, tempo in cui molto è cambiato, in bene e forse anche in male, così come è cambiato anche il dare e l’avere di ogni manifestazione sportiva. Indubbiamente la televisione ci ha trasformati, più in fretta, meno esaltazioni e anche minor gratitudine. Senza incolpare nessuno perché, per ogni cosa che succede c’è una ragione, è cambiato anche il Giro d’Italia che «una volta» partiva e si esauriva a Milano, poi le partenze hanno lasciato la capitale lombarda per emigrare anche in Sicilia o in altro luogo della lunga Italia. E adesso, non so quanto per patriottismo, ma sicuramente per legittimi interessi o doveri economici, le prime pedalate avvengono anche all’estero e, come quest’anno addirittura in Belgio per poi trasferire la carovana attraverso l’Europa fino alla quinta tappa, la Piacenza-Cremona!
Forse non tutti, e i giovani più di altri, concordano con le mie convinzioni. Io resto comunque della mia idea e mando un reverente ricordo ai miei vecchi direttori Emilio De Martino, Bruno Roghi, Gianni Brera, Giuseppe Ambrosini, l’indimenticabile Pepp che non sono più con noi e che probabilmente avrebbero i miei stessi affettuosi e milanisti sentimenti. Aspettiamo per sapere, al traguardo del prossimo Giro mancano dieci mesi, comunque...

arrivederci a Milano.

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