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La storia ridotta a una puntata di Csi

CIMITERI C’è chi vorrebbe dare un’occhiata al cuore di Chopin e chi cerca i «resti» di Shakespeare

La storia ridotta a una puntata di Csi

Criminali di tutti i tempi tremate. E anche voi malattie mortali di qual si voglia ordine e grado datevi una bella regolata. Se sino a qualche anno fa la ricerca biografica sui grandi personaggi della storia e della letteratura era fatta compulsando i documenti, ora non passa giorno che non si interpelli il patologo di turno, o l’esperto di Dna, a dire la sua sul destino di questo o di quello scrittore, di questo o di quel monarca. E che si tratti di Amenofi IV o di Puskin poco importa. L’indagine scientifica ci costringe a sorbirci a ogni cambio di referto autoptico qualche nuova importantissima rivelazione. È di due giorni fa la notizia che un gruppo di esperti andrà alla ricerca delle «ossa perdute» del Caravaggio: l’atto di morte di Michelangelo Merisi (il 18 luglio 1610), recentemente rinvenuto negli archivi della chiesa di Sant’Erasmo a Porto Ercole, proverebbe che il suo corpo fu sepolto nel piccolo cimitero di San Sebastiano. Per questo un’équipe guidata dall’antropologo dell’Università di Bologna, Giorgio Gruppioni, attraverso test scientifici come la prova del carbonio 14 e del Dna, selezionerà le ossa di circa 200 individui per arrivare a quelle di Caravaggio. La selezione dei resti prevede inizialmente la suddivisione dei reperti appartenenti a donne, da quelli maschili. Infine, i resti individuati come appartenenti a Caravaggio saranno comparati al Dna dei discendenti maschi della famiglia Merisi. Poi l’ultima fase: la ricostruzione del volto del pittore...
Ma quello del Caravaggio è solo un caso tra i tanti, a partire dalla decine di cause di morte «diagnosticate» a Napoleone (ora va di moda il cancro allo stomaco). Cartesio, per esempio, è morto di tutto. Per la maggior parte degli storici - e anche per Russell Shorto, autore di uno dei più recenti e completi studi sul mito cartesiano (Le ossa di Cartesio, Longanesi, 2009) - è morto di una brutta influenza degenerata in polmonite. Per i malevoli sarebbe stato invece avvelenato dai protestanti svedesi che non gradivano il suo rapporto preferenziale con la regina Cristina. Invece seconda una recente ricerca pubblicata da Theodor Ebert sarebbe stato avvelenato con un’ostia all’arsenico da un prete cattolico. Forse addirittura per mandato del Papa... Chi ha ragione? Tolto il dato statistico che alla corte di Svezia si moriva più di infreddatura che di veleno e che quasi in tutte le ossa antiche si trovano tracce di arseniati e che quindi le analisi in stile Ris che funzionano poco anche su delitti moderni (basta vedere le perizie e contro perizie di un qualunque processo penale) vanno prese con le molle in casi storicamente più datati, la riflessione più sensata è che la domanda non merita risposta. Noi già sappiamo da centinaia di anni che Cartesio non piaceva ai protestanti svedesi e già sappiamo, sempre da centinaia di anni, che il suo rapporto con i cattolici era complesso. La storia resta assolutamente uguale, segnata dal trionfo del cartesianesimo che sfociò nell’illuminismo e dalla molto cattolica fuga della sua amata Cristina in quel di Roma. Il «delitto» serve soltanto a Roberto Cotroneo per dire sulle pagine dell’Unità dell’11 novembre: «Dunque il Papa ha fatto avvelenare Cartesio. E ha armato la mano di Vioguè, che rifiutò persino di dare l’estrema unzione al grande filosofo per spedirlo all’inferno direttamente \ Il padre del pensiero razionale vittima tragica di un complotto irrazionale. Oscuro, persino illogico. Le dietrologie che vincono sulla ragione, e la piegano. Forse che è attraverso questa umile e sconcertante verità che si deve passare per fare qualche chiarezza in più, oggi, sulla storia più oscura e recente del nostro Paese?». Capito? Alla fine Cotroneo non vuol far altro che usare Cartesio come pietra angolare per sostenere le solite tesi del complottismo nostrano.
Ma anche senza arrivare alla distorsione ideologica, la mania della polizia scientifica applicata alla storia sforna uno stillicidio di teorie. Jane Austen sarebbe morta di tubercolosi e non per il morbo di Addison (ma comunque è sempre morta a Winchester, 18 luglio 1817 e ha scritto gli stessi libri), Aleksandr Sergeevic Puškin si sarebbe salvato se non l’avessero lasciato agonizzante due giorni su un divano dopo il duello in cui fu ferito all’addome, e che Leonardo era almeno in parte di origine araba ce lo dicono le sue impronte digitali (ma che i mori fossero passati dalla penisola in varie forme è una novità?). E c’è anche chi vorrebbe mettere le mani sul muscolo cardiaco di Frédéric François Chopin per accertare le vere cause della morte (la classica versione romantica del cuore spezzato da George Sand non basta più). Tutto questo per non parlare di tre anni di discussione sul Dna di Cristoforo Colombo per decidere se sia italiano o spagnolo. Parrebbe di origine lombarda. Su che base? Nei Colombo sparsi per il globo ci sarebbero delle sequenze geniche tipiche dei lombardi. Stringente no? Adesso sì che la storia delle scoperte geografiche è diversa.
Per carità, poi ci sono anche casi come quello di Pico della Mirandola in cui l’avvelenamento da arsenico è quasi certamente provato. Ma il sospetto era fortissimo già correndo l’anno del Signore 1494. La certezza ha in questo caso un valore storico, ma di nuovo nulla che ribalti la vulgata (tranne forse il fatto che Piero de Medici potrebbe essersi liberato anche del più innocuo Poliziano con lo stesso sistema).
Insomma alla fin fine, nonostante il fatto che ormai ogni volta che la mummia di Tutankhamon vede avvicinare una macchina per la tac si rivolta nel sarcofago, dopo il passaggio degli scienziati forensi la storia resta quella di prima: pasticciata e controversa. Tutankhamon cadde dal carro, non gli ruppero il cranio. Ma le ruote non sono uno dei sabotaggi più classici? E adesso? Facciamo perquisire al Ris tutto il deserto tebano con delle trincee di scavo alla caccia di frammenti di legno?
Un signore che si chiamava Heinrich Schliemann con un’Odissea in mano ha dato più di un secolo fa uno scossone alle incrostazioni storiche ben più forte di quello prodotto da tante costosissime analisi di laboratorio. O più in piccolo uno studioso italiano, Marcello Simonetta, ha dimostrato usando le buone vecchie carte d’archivio la responsabilità di Guido da Montefeltro nella Congiura dei Pazzi (e questa sì cambia l’interpretazione della storia). Ma anche se il buon vecchio archivista-detective batte la biomedica da fantascienza la mania da CSI (quella che consente di fare dei bei documentari da History Channel) non passerà tanto presto. E mentre gli archeologi inglesi sono alla ricerca di nuovi indizi sulla vita quotidiana di William Shakespeare scavando tra i «rifiuti» custoditi nell’area che circonda la casa del grande scrittore a New Place, nella cittadina di Stratford-Upon-Avon, beccatevi anche questa: i faraoni mangiavano troppa carne grassa e poche verdure e quindi si ammalavano di cuore. Per deciderlo c’è voluta un’indagine a tappeto sulle mummie condotta da una gigantesca équipe internazionale.

Mai fatto caso che in qualunque tomba egizia qualsiasi nobile che mangia è rappresentato mentre mangia grassissima carne di anatra? Mai fatto caso che le ricette egizie tramandate dai papiri spaziano dal piccione al miele a svariati tipi di carne sotto sale? Gran bello studio...

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