Storia d'assalto

Il sergente che conquistò da solo la fortezza inespugnabile

Fort Douaumont venne conquistato da un solo sergente tedesco, un certo Kunze, che catturò l'intera guarnigione francese e fu trovato a pasteggiare con uova, vino e formaggio. Oltre centomila uomini verrano sacrificati per riconquistare la fortezza

Kunze, il sergente che conquistò da solo la fortezza inespugnabile di Verdun

Sono le 15:45 di un freddo e nevoso pomeriggio di fine febbraio 1916 quando il sergente Kunze e altri nove pionieri del 24° reggimento Brandeburgo si spingono all’estremità settentrionale di Fort Douaumont, che appare massiccio e silenzioso, nella sua pianta a punta di freccia rivolta verso il Beglio ma a difesa dalla Germania del Kaiser Guglielmo.

Le mitragliatrici francesi poste a difesa del principale caposaldo del settore di Verdun tengono sotto tiro l’intera area circostante. Il compito dei pionieri è ridotto a spingersi nei pressi del forte in attesa che il 12° Reggimento Granatieri, anch’esso parte del 3° corpo d'armata del generale von Lochow, attestate in posizioni analoghe per tentare un assalto. Kunze e i suoi, pickelhaube ben calzati in testa e fucili Mauser in spalla, si spingono oltre il necessario per dare un'occhiata alle possenti posizioni difensive francesi, incappando in qualcosa di completamente inaspettato: una breccia nel filo spinato che potrebbe condurli, con una certa facilità, al perimetro difensivo. È il preludio di un colpo di mano leggendario, che porterà all'incredibile cattura di una fortezza che si era guadagnata l'immeritata fama di "inespugnabile".

Una fortezza inespugnabile ma indifesa

Lungo 400 metri e occupante una superficie di ben 30.000 metri quadrati, Fort Douamont - principale dopo saldo difensivo del settore di Verdun - doveva essere difeso, almeno in origine, da una guarnigione di 500 uomini. Armato con un cannone da 155 mm montato su una torre girevole/retrattile del tipo Galopin, e da altri cinque pezzi da 75 mm, era parte di una linea difensiva composta da altri 5 forti principali (e almeno 40 di più ridotte dimensioni), che, assistendosi l'un l'altro, dovevano scongiurare le tattiche che i prussiani avevano sfruttato nel 1870 - quando assediando i grandi forti risalenti ai tempi di Luigi XIV, erano riusciti a tagliare fuori intere guarnigioni che erano rimaste asserragliate dentro le mura.

Il sistema difensivo di Fort Douaumont era affidato, oltre che al tiro dei cannoni, al fuoco incrociato delle numerose mitragliatrici dislocate in modo da tenere sotto tiro l'intero perimetro circostante. Nel caso di un assalto in forze - che secondo i piani sarebbe stato decimato dal tiro dei cannoni e delle mitragliatrici - gli attaccanti avrebbero dovuto attraversare un muro di filo spinato e superare un fossato profondo sette metri prima di potersi infiltrare attraverso una qualsiasi apertura. Non esattamente una passeggiata secondo l'alto comando francese, che nel caso di un'incursione, prevedeva la pronta risposta di una numerosa "guarnigione" che sarebbe rimasta al sicuro da ogni cannoneggiamento dei livelli sotterranei, ben protetti dal cemento armato.

Questo se tutto fosse andato secondo i piani, e se qualcuno fosse stato avvertito che - per ragioni strategiche da collegare a informazioni errate - la fortezza di Douaumont era tenuta da soli 56 riservisti dell'artiglieria posti agli ordini di un sottuficiale, un sergente maggiore che rispondeva al nome Chanot.

Un colpo di mano inaspettato

Quando Kunze e i suoi, spintisi ben oltre le posizioni comandate, si imbatterono in una breccia nelle recinzioni - aperta dalla caduta di un colpo di artiglieria amica - decisero di tentare di accedere alla fortezza dalla quale - stranamente - non era partito un colpo. Non una raffica, non una fucilata. Solo le bordate sparate da un grosso cannone che doveva aver puntato obiettivi assai distanti.

O nessuno li aveva vista avvicinarsi, o forse, sebbene impossibile anche solo da immaginare, la guarnigione doveva essere impegnata altrove. Il sergente indomito, allisciatosi i baffi che ormai si portavano corti per indossare più “comodamente” le salvifiche maschere anti-gas, ordinò ai suoi pionieri di creare una piramide umana per consentirgli di inerpicarsi sul mucchio di membra in blusa grigioverde e raggiungere una feritoia. Ancora una volta non un colpo di fucileria, non un francese di sentinella. Sette dei pionieri se la batterono a gambe. Due restarono con Kunze che, preso da un impeto di coraggio o più semplicemente da implacabile curiosità, si avventurava nella fortezza oscura e silenziosa per ispezionarla.

Il seguito ebbe dell’incredibile. Vagando per i corridoi oscuri e deserti, Kunze trovò l'accesso alla torretta del cannone da 155 millimetri, l’unica presidiata e impegnata in un combattimento, prendendo prigionieri i quattro serventi e mettendo a tacere la principale arma difensiva del forte. Non contento, continuò a bighellonare per Fort Douaumont sorprendendo un'altra trentina di soldati francesi impegnati in una riunione. Un colpo di cannone che aveva centrato la fortezza fece saltare la luce per qualche istante, e Kunze, che seppe ben sfruttare la confusione, agì in fretta chiudendo la pesante porta di metallo per intrappolare all’interno della stanza il grosso della guarnigione. Fu allora che, imbattutosi in un solitario soldato francese, Kunze si fece accompagnare - a fucile spianato - verso le cucine, dove si farà servire una cena a base di uova e formaggio.

Una conquista terminata senza sparare un colpo

La leggenda vuole che una secondo gruppo di fanti tedeschi, incontrati dai fuggitivi del gruppo di Kunze, seguirono la stessa via per introdursi nel forte. Erano agli ordini di un tenente, il tenente Radtke. Quest'ultimo, imbattendosi nei pochi francesi rimasti, li fece prigionieri, e, dopo essere entrato in contatto con il manipolo di Kunze, trovò il sergente temerario seduto a tavola, intento a rimpinzarsi di fronte al suo ultimo prigioniero.

Esistono versioni leggermente discordati sul preciso succedersi degli eventi. Ad esempio, i trenta prigionieri presi da Kunze sarebbero riusciti a fuggire per essere ricatturati appena trenta minuti dopo dal gruppo di Radtke. Ma quel che è certo è che in poco più di un’ora nel freddo pomeriggio del 25 febbraio 1916, l’imponente Fort Douaumont era stato catturato dai tedeschi senza sparare un colpo.

Un dispaccio con questa notizia venne inviato all’alto comando tedesco dagli ufficiali von Haupt e von Brandis - perfetti esemplari della stirpe di junker prussiana - che erano sopraggiunti con il grosso delle forze e per questo vennero insigniti - pur non avendo minimamente preso parte all'azione - della più alta decorazione dell’esercito imperiale, la "Pour le Mérite”. Dell’impresa di Kunze e Radtke - entrambi sopravvissuti alle tempeste d’acciaio ben narrateci da Ernst Jünger - non si sarebbe saputo nulla fino agli anni Trenta, quando un'indagine approfondita condotta dal maggiore von Klüfer presso il Reichsarchive fece luce su ciò che era accaduto durante l’incredibile cattura di Fort Douaumont.

Dalla parte francese il colpo fu talmente duro che l'alto comando, smarritosi tra gravi negligenze e profondi imbarazzi, non poté far altro che ingannare l'opinione pubblica raccontando una versione di fantasia della "grande e stoica resistenza" della guarnigione asserragliata nel forte. Un manipolo di coraggiosi che aveva resistito sino all'ultimo uomo, provocando gravi perdite tra le fila tedesche. In realtà, pare che durante il colpo di mano che prese Fort Douaumont si fosse registrato un solo ferito: un soldato tedesco che si era sbucciato un ginocchio mentre si inerpicava tra fossati e casematte deserte.

Ben diverso e assi più sanguinoso fu il proseguio della storia bellica del forte, che vide la morte di ben 600 soldati tedeschi posti a guarnigione per uno stupido incidente, oltre a tutti quei soldati francesi cui fu ordinato di riprendere la fortezza a tutti i costi. Ci riusciranno solo il 24 ottobre di quello stesso anno. Pagando un prezzo di vite altissimo. Si parla di oltre centomila anime.

Sacrificate per riconquistare il forte che il sergente Kunze aveva preso, quasi da solo, quasi per gioco.

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