Storia d'assalto

L'affondamento della "Gustloff", disastri e misteri che portano a Hitler

Quella Gustloff è un disastro navale rimasto celato. Eppure l'Operazione Annibale poteva esser paragonata all'evacuazione di Dunkerque, per non parlare del mistero legato a uno dei più grandi tesori trafugati dai sicari di Hitler

L'affondamento della Gustloff, disastri e misteri che portano a Hitler

30 gennaio 1945. Sono da poco passate le nove di sera quando la Wilhelm Gustloff, transatlantico di lusso del Terzo Reich convertito a nave ospedale con diecimila passeggeri a bordo - per la maggior parte sfollati in fuga dall’Armata Rossa, feriti di guerra, giovani allievi e ausiliarie - viene messa a fuoco nel periscopio di un sottomarino sovietico che affiora dalle gelide acque del Baltico. La rotta del vecchio transatlantico di lusso - voluto dal Partito Nazionalsocialista come ammiraglia di una flotta di navi che organizzassero pionieristiche crociere alla portata del volk, il popolo - prevede un ultimo disperato viaggio verso la Danimarca ancora occupata dai nazisti, dopo dove aver lasciato la baia di Danzica battuta dall’artiglieria e dai cacciabombardieri sovietici che avanzavamo in Pomerania.

Per il comandante del sottomarino sovietico, il capitano di corvetta Alexander Marinesko che riceverà postumo l’encomio di “Eroe dell’Unione Sovietica”, non è importante se si tratti di un convoglio mercantile o di una nave ospedale. Ci sono troppi conti da regolare e vendette da riscuotere. L’ordine quindi è di lanciare immediatamente una salva di siluri contro la nave illuminata e sicuramente nemica. E così avviene. Dai tubi di lancio dello S-13, sottomarino classe Srednyaya, partono tre tubi d’acciaio carichi di esplosivo che tagliano ghiaccio e onde, centrando la nave che qualcuno aveva descritto come “l'arca di Noè” per tutti i tedeschi che si erano messi in fuga dalla vendetta. Da lì a un’ora si sarebbe consumato uno dei più gravi e meno noti disastri marittimi della storia.

Una tragedia dimenticata

L’affondamento della Wilhelm Gustloff, non meno tragico di quello Titanic o del più simile siluramento delle navi bianche italiane come del famoso Lusitania, è rimasto nascosto o segregato per decenni, sebbene i pochi superstiti abbiano offerto le loro testimonianze, raccontato storie atroci e non dissimili da quelle narrate dopo le tragedie che riguardarono i più celebri transatlantici scomparsi negli abissi.

Quando i siluri lanciati dal sottomarino sovietico che sorpresero il transatlantico - che ormai si sentiva quasi al sicuro fuori dallo stretto di Danzica - colpirono lo scafo nella sezione degli alloggi per l'equipaggio, dell'area della piscina che ospitava i membri dell'Ausiliario navale femminile, e quelli della sala macchine infliggendo “colpi fatali” per il suo galleggiamento, apparve immediatamente chiaro che non c’erano abbastanza scialuppe di salvataggio. Quella nave, infatti, era in origine pensata per trasportare meno di duemila passeggeri. A bordo erano invece 8.956 rifugiati, 918 tra ufficiali e membri della 2°Unterseeboot-Lehrdivision (allievi destinati al servizio sui sommergibili, ndr), 373 donne delle Unità Ausiliarie, 173 uomini delle forze navali, e 162 soldati feriti. Per un totale di quelle che si stimarono essere almeno 10.582 anime.

Tra le parti danneggiate, quelle con i sostegni ghiacciati alla temperatura ampiamente sotto lo zero, molti passeggeri rimasti senza altra scelta si getteranno nel Baltico con una temperatura al di sotto degli 0° centigradi. Morendo per annegamento o per ipotermia. Si narra di uomini che ancora con la fascia con la svastica al braccio, assassinarono moglie e figli prima di rivolgere contro se stessi la propria pistola - per evitare ai loro cari il trauma del gelo e della morte comunque certa.

Quando le navi militari chiamate in soccorso arriveranno sul posto - nonostante corressero l'ovvio rischio di diventare obiettivi da affondare - troveranno la nave inclinata sul lato sinistro, con il lato di dritta ormai sommerso e il 90% dei passeggeri che avevano già perso la vita in appena un'ora. Circa mille anime verranno salvate.

Una nave della speranza sotto il simbolo della svastica

La Wilhelm Gustloff, varata dalla Kraft durch Freude nel 1938 col sua stazza di 25.000 tonnellate, venne intitolata all’omonimo “martire” che secondo il Partito Nazionalsocialista sarebbe rimasto "nei ranghi degli immortali martiri del Reich", rimase nella storia come uno degli sfortunati convogli della speranza che intrapresero il loro ultimo viaggio nel freddo gennaio del '45. Quando era diventata, al parti di altre, mezzo necessario al un massiccio piano d’evacuazione che doveva portare in salvo attraverso il Baltico civili, soldati e tonnellate di carichi del più vario genere: dai militari ai beni governativi e privati.

Tra le più grandi operazione di questo genere mai tentante nella storia, l’operazione che prese il nome in codice “Annibale” rappresentava l’unica possibilità di salvezza per sfuggire all’avanzata delle truppe dell’Armata Rossa comandata dal generale Ivan Chernyakhovsky. Benché fosse “vietato” fuggire dalla Germania fino a poco tempo prima, l’ammiraglio tedesco Karl Dönitz - comandante in capo della Kriegsmarine - fu abilitato a pianificare e mettere in opera un’evacuazione di grandi dimensioni in stile Dunkerque. Per un periodo di 15 settimane, oltre mille navi di tutti i tipi, dalle navi da guerra a semplici pescherecci, trasportarono tra gli 800.000 e i 900.000 civili tedeschi e 350.000 soldati attraverso il Mar Baltico nella speranza di potersi riorganizzare e mettere in salvo i civili.

Lupi sovietici a caccia di convogli superstiti

Quale che fosse il piano, le unità della marina sovietica erano ormai in attesa di ogni tipo di naviglio tedesco sorpreso a incrociare la loro rotta, decise a non lasciare il passo in virtù della feroce guerra che si era combattuta per più di quattro anni sul Fronte orientale. La Gustloff non sarebbe stata infatti l'unica nave affondata nel Baltico nel corso dell’Operazione Annibale. Alcune settimane dopo, anche la Generale von Steuben venne colata a picco, sempre per mano del sottomarino S-13 comandando da Marinesko, portando sul fondo del Baltico oltre tremila passeggeri. In primavera, fu il tragico turno della Goya con altri settemila passeggeri, la Cap Arcona sarebbe stato affondato degli inglesi mentre aveva a bordo 4.500 prigionieri dei campi di concentramento.

Ma ciò che ha interessato maggiormente gli storici negli ultimi tempi è l’affondamento del piroscafo Karlsruhe, salpato nell’aprile del ‘45 da Königsberg con un carico di diverse centinaia di tonnellate di merci e 1.083 passeggeri tedeschi in fuga da Prussia e Pomerania. Il cui relitto è stato individuato a settantacinque anni dalla sua sparizione tra i flutti del Baltico.

Tale interesse è strettamente legato all’ipotesi avanzata da alcuni cacciatori di tesori, convinti che esso possa custodire in alcuni forzieri individuati nelle vicinanze della sua stiva i famosi pannelli della Camera d’Ambra: tesoro russo d’inestimabile valore saccheggiato dai nazisti durante l’assedio di Stalingrado e scomparso misteriosamente dal 1945.

Questa ipotesi nasce dal “particolare” assortimento del carico - che comprese dai mezzi militari, effetti personali di uomini evidentemente facoltosi, come porcellane, insieme a numerosi bauli dal contenuto tutt’ora ignoto. Di qui il sospetto di alcuni fantasioso che i forzieri possano contenere i pannelli d’oro della Stanza d’Ambra, trafugati dal Palazzo di Caterina per mano del Heeresgruppe Nord e dei “cacciatori di tesori” sguinzagliati da Hitler. Inviati a Königsberg, dove già si pensava di ricostruire la Stanza d’ambra e per essere messa in mostra come trofeo di guerra. Fecero perdere le loro tracce dopo una serie di pesanti incursioni lanciate dai bombardieri britannici che martellavano con le loro bombe incendiarie i principali centri della Germania come "rappresaglia" intesa a fiaccare il morale di una popolazione già stremata. E ovviamente, come vendetta per i bombardamenti perpetrati sul Londra.

Perché ciò che si evince da questi tragici eventi, che videro navi convoglio non armate, bombardate e silurate dagli Alleati senza tenere alcun conto del loro carico - come della possibilità che trasportassero al loro interno civili e sfollati - non fa altro che ricordarci come la guerra moderna non conceda quartiere al nemico: sia per ragioni strategiche o di pura vendetta.

Fu proprio il terrore della vendetta, per resocontato nei libri di storia di sconfitti e collaborazionisti, a spiegare quanto incise il timore di finire sotto l'oppressione dei sovietici, spingendo al massimo rischio quei tanti che trovarono la morte in mare mentre speravano, fino all'ultimo, di riuscire a mettersi in salvo da ciò che il führer aveva iniziato tra gli applausi scroscianti delle folle, incapaci d'immaginare quale atroce devastazione avrebbe serbato il futuro.

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