Spillone contro Tomcat: così il caccia italiano superò l'F-14 Usa con la tattica dello yo-yo

Un pilota italiano di F-104 del 51° Stormo riuscì a mettere in difficoltà i più manovrabili jet americani durante un duello simulato negli anni ’80. Una vittoria sorprendente che stupì l’US Navy

Spillone contro Tomcat: così il caccia italiano superò l'F-14 Usa con la tattica dello yo-yo

Chi ha pilotato l'F-104 Starfighter, il caccia intercettore ad alte prestazioni supersonico che ha servito l'Aeronautica Militare italiana per ben quarant'anni, si ricorda sempre di precisare una cosa: il 104 era un velivolo “speciale”, e si possono pilotare altri velivoli, anche “più moderni…”, ma nulla si avvicina all’esperienza che si è provata nel volare su “un missile con un uomo dentro”. Per questo anche loro, i piloti abilitati a volare sul cacciatore di stelle della Lockheed, si considerano un po’ speciali.

Lo Spillone, così veniva chiamato dai piloti italiani che iniziarono a volare con i primi F-104G nel lontano 1963, è stato protagonista di tante storie avvincenti, e in qualche senso anche "scabrose". Volavano sui 104 i piloti che osservarono qualcosa di non convenzionale la sera dell'incidente di Ustica, nel giugno del 1980, e furono sempre dei piloti di 104 a “interdire” il possibile ingaggio da parte di due F-14 Tomcat americani contro il Boeing 737 egiziano che trasportava i dirottatori della nave da crociera Achille Lauro nella famosa notte di Sigonella. Meno nota è, tuttavia, la storia che vide protagonista un F-104 in duello - ovviamente simulato - con uno dei leggendari caccia da superiorità aerea imbarcati sulle portaerei statunitensi.

Protagonisti di quest’episodio furono una coppia di Spilloni assegnati al 51° Stormo Ferruccio Serafini di Istrana, che decollarono in "scramble" assieme a una coppia di caccia del 4° Stormo Amedeo d’Aosta per intercettare dei Tomcat decollati dal ponte della USS Nimitz: scopo della missione, assumere il ruolo di "aggressori" nel corso di un'esercitazione congiunta. Una delle tante a cui partecipavano gli stormi di intercettori dell’Aeronautica Militare italiana in quei anni, conferma Luca Anedda, che è stato comandante del 23° Gruppo del 5° Stormo Giuseppe Cenni di base a Rimini.

Stando alla storia, che risale al 1987-88, nel corso dell’intercettazione i piloti americani non impiegarono i radar che avrebbero permesso agli F-14 di “individuare, riconoscere ed abbattere gli Starfighter prima ancora che essi entrassero in contatto visivo”, ma, considerata la superiorità manovriera del Tomcat, si lasciarono coinvolgere in quello che viene riportato come “un divertentissimo dogfight di caccia manovrata”. I piloti dei 104, rodato intercettore, hanno sempre puntato tutto sulla sua velocità, sapendo che la ridotta apertura alare dello Starfighter non gli avrebbe mai permesso di compiere le stesse manovre che i Tomcat esibirono subito, riducendo la freccia alare. L’F-14, ricorderete dalla mitica pellicola Top Gun, è un velivolo dotato di ali a geometria variabile.

Il Tomcat manovrò più stretto dello Starfighter, come era ovvio facesse, ma pare che il pilota italiano, ben conscio dei limiti e delle peculiarità del 104, decise di adottare la cosiddetta “tattica dello yo-yo”, una manovra che deve il suo nome al celebre giocattolo, e pare sia stata adottata per la prima volta dai piloti caccia di MiG-15 in Corea. Quando ancora si combatteva il “duello” con mitragliatrici e cannoncini, e i piloti da combattimento non potevano affidarsi ai radar per l’acquisizione del target e ai missili aria-aria che rivoluzionarono e cambiarono per sempre i combattimenti aerei.

La tattica dello yo-yo era stata sviluppata per ritrovarsi “in coda ad un avversario molto manovrabile” attraverso una veloce cabrata che prevede l’uso degli alettoni per far ruotare l'aereo su se stesso, per poi “buttare giù il muso” al vertice della cabrata, cercando di anticipare la direzione “nella quale si presume che si troverà il bersaglio”, piombando sulla sua coda dall’alto in vantaggio di velocità. Raccontarlo per un profano deve essere più difficile che eseguire la manovra per un abile pilota da caccia, fatto sta che il pilota del 51° Stormo - del quale ricordiamo il mitico stemma con il Gatto nero che artigliava i celebri Sorci Verdi - diede “massima spinta a secco ed un deciso strappo alla cloche" per portarsi in una posizione di vantaggio sul Tomcat, e a quanto pare l'equipaggio americano rimase “perplesso”, non riuscendo più a vedere lo Starfighter che annunciò di nuovo la sua presenza attraverso il rombo del suo reattore che fece “vibrare” il gattone imbarcato dell'US Navy.

Lo Spillone italiano era sceso in picchiata, passando esattamente sopra il dorso dell'F-14, dopo averlo "fotomitragliato", raccontò il tenente italiano. Dunque, in un combattimento reale, effettuato con il solo fuoco dei cannoni - sebbene vada ricordato che l’F-104S, a differenza della versione “G”, cacciabombardiere, non era dotato del cannoncino M61 Vulcan alloggiato in posizione ventre anteriore a sinistra - si giunse alla conclusione che, per merito della manovra, il caccia americano sarebbe stato già abbattuto o gravemente danneggiato. Lasciando il pilota e il suo navigatore, o Weapon System Officer, decisamente "colpiti".

La storia è stata raccontata sulla rivista Aeronautica & Difesa del maggio 1988, concludendo che il caccia italiano si allontanò vincitore, lasciando agli americani l'eco che per un attimo coprì il rombo sordo del suo motore. Ma questa non è l’unica vittoria eccellente di un F-104 italiano.

Il comandante Anedda è stato infatti protagonista, appena pochi anni dopo, dell'abbattimento simulato di un MiG-29. Uno dei principali caccia che aveva servito "oltre cortina" in tutte le forze aeree del Patto di Varsavia. In quel caso gli F-104 del 23° Gruppo Caccia intercettori ognitempo del 5° Stormo affrontarono dei MiG-29 tedeschi, che dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica erano passati in fretta dall’essere "nemici" a "amici", sfruttando una debolezza dei loro radar di bordo: la traccia "puntinata" di un eventuale target che poteva essere individuato a grande distanza, ma nel caso di una formazione di caccia in formazione serrata avrebbe mostrato un unico bersaglio e non il numero reale degli avversari.

Anche in quell'occasione la vittoria spettò ai 104, e nonostante una manovrabilità inferiore e una tecnologia meno avanzata, i piloti "speciali" dello Spillone, probabilmente i primi tra i pochi che in quegli anni potevano confrontarsi con un avversario teorico come un MiG, seppero distinguersi per capacità, professionalità e adattabilità, in uno scontro simulato ma estremamente realistico, considerata la tecnologia che i sistemi del poligono e i sensori trasportati sui loro pod alari consentivano. Ma in effetti questa storia merita un capitolo a sé. Ne riparleremo.

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