
Questa sera su La7 va in onda il documentario "Sigonella. La Sfida" che potrebbe spiegare a un giovane perché spesso risuonano "i tempi di Sigonella" come caso di orgoglio nazionale, e che potrebbe rivelare a un meno giovane tanti retroscena poco conosciuti di quei giorni: l'abbiamo guardato in anteprima (grazie a coautore, Luca Fazzo) per ricordare come, esattamente 40 anni fa, il 7 ottobre 1985, ci fu il più grande braccio di ferro tra Italia e Usa dal dopoguerra, quando prese forma il mito di un Paese che per una notte resistette al gigante americano con tanto di armi spianate uno contro l'altro. Un episodio che segnò un punto di non ritorno nella percezione dell'Italia come partner dotato di una sua autonomia.
Riassumere tutta la vicenda è difficile per quanto il documentario la approfondisce. Quel giorno quattro militanti del Fronte per la Liberazione della Palestina (o terroristi) presero il controllo dell'Achille Lauro al largo dell'Egitto, e sequestrarono 400 persone: l'obiettivo era la liberazione di altri militanti (o terroristi) detenuti in Israele.
La tensione portò all'assassinio di un passeggero americano ebreo e trasformò il dirottamento in una crisi internazionale che il governo di Bettino Craxi dovette gestire come raccontato da molti testimoni e giornalisti (Luca Fazzo compreso) in un intreccio da spy story che solo la cronaca vera, talvolta, è capace di riservarci. Craxi fece valere la sua amicizia con Arafat e riuscì a ottenere la liberazione dei passeggeri e la resa dei dirottatori, ma non fu facile anche perché gli americani si rivelarono decisamente sbrigativi (volevano catturare i terroristi e processarli negli Usa, anche se la giurisdizione era italiana) e quando un Boeing egiziano con a bordo i dirottatori prese il volo dal Cairo accadde appunto che lo intercettarono dei caccia statunitensi e lo costrinsero ad atterrare a Sigonella, in Sicilia, base Nato sotto sovranità italiana. Perché proprio lì? Un funzionario della Cia disse a Craxi, con tono sardonico: "Perché in Italia c'è un bel clima e si mangia bene".
Craxi a quel punto ordinò che tra l'aereo atterrato e la Delta Force Usa che l'aveva circondato si frapponessero dei militari con armi spianate più altri che poi circondarono i soldati americani dall'esterno. Nessuno voleva cedere. "Gli italiani avrebbero sparato" avrebbe rivelato Francesco Cossiga. Craxi fece prendere in consegna i terroristi dalle autorità italiane perché i suoi obiettivi erano altri: salvare la politica mediterranea ed evitare di subire possibili ritorsioni terroristiche se i palestinesi fossero stati consegnati a Israele o agli americani. Era una questione di vite umane, di geopolitica e di dignità nazionale.
Craxi in Parlamento difese la sua linea con un discorso rimasto celebre e poi annullò una prevista visita negli Usa.
Fu il presidente Ronald Reagan, mesi dopo, a cercare "Dear Bettino" per rinnovare una saldatura che si rivelò più forte che mai. L'episodio non distrusse l'alleanza, ma la rese più matura e rispettosa, segnando un punto di non ritorno nella percezione dell'Italia come una nazione capace di prendersi il rispetto che le era dovuto.