Roma- Costituiscono una vera e propria piaga stagionale che si ripresenta a ogni autunno e contro la quale non sono stati finora trovati rimedi risolutivi. Parliamo degli storni, quei graziosi volatili che a volte disegnano strane coreografie nei cieli delle nostre città spostandosi a stormi di migliaia di capi.
In realtà una buona parte della popolazione di questi passeracei è diventata ormai stanziale in Italia, anche se i volatili che svernano nel nostro Paese sono abituati a spostarsi da Nord a Sud. Ma all’inizio di novembre, sulle nostre coste arriva anche l’ondata migratoria. E allora sono dolori per tutti.
Sì, perché questi uccelli che hanno il piumaggio nero-verdastro punticchiato di bianco, provocano enormi problemi sia nelle campagne che in città. Grazie alla loro capacità di adattamento, gli storni durante il giorno frequentano coltivazioni di ogni tipo, soprattutto piantagioni di olive e di frutta di ogni genere, della quale sono ghiotti. Ma si nutrono anche di uva, bacche selvatiche, cereali, insetti e addirittura di piccoli vertebrati. Sono, insomma, onnivori e non disdegnano nemmeno i rifiuti nelle discariche. Mangiano di tutto e, soprattutto con una voracità che non ha eguali nel mondo animale. Senza avere la pretesa di sostenere teorie scientifiche, si calcola che nell’arco delle ventiquattr’ore, uno storno riesca a ingurgitare una quantità di cibo equivalente a circa 14 volte il proprio peso corporeo, ovvero circa 1 chilo e 250 grammi . Come se una persona normale di peso medio riuscisse a mangiare una tonnellata di cibo al giorno.
Questa particolarità spiega anche la capacità distruttiva che gli storni hanno quando, per esempio, calano in picchiata su un oliveto: in pochi minuti sono in grado di «spogliarlo» completamente. I danni vengono provocati non solo alle colture agricole, ma anche in città, dove gli storni si ritirano di sera occupando i viali alberati, perché la temperatura è più dolce e perché nessuno li infastidisce. Le loro deiezioni ammantano strade e piazze creando seri pericoli per la circolazione, soprattutto quando la pioggia si mescola alle grandi quantità di guano che cadono dai rami degli alberi, rendendo l’asfalto scivolosissimo. Tamponamenti a catena e brutte cadute di persone anziane sono all’ordine del giorno. Per non parlare della vernice delle automobili che viene corrosa dagli acidi contenuti nelle deiezioni.
Gli storni, però, possono provocare guai ancora più seri e allarmanti, come è accaduto qualche settimana fa all’aeroporto romano di Ciampino, dove un Boeing 737 della Ryanair è finito fuori pista in fase di atterraggio perché i suoi motori avevano risucchiato alcuni storni. L’incidente, che avrebbe potuto provocare una strage, non è il primo del genere in Italia. Tanto che alcuni scali aerei del Nord-Est, come Ronchi dei Legionari, hanno ingaggiato, in via sperimentale, una coppia di falchi pellegrini guidati da un esperto falconiere, proprio con il compito di allontanare i volatili dalle piste.
Nelle città, invece, si continuano a spendere soldi per rimedi che, al massimo, producono l’effetto di spostare di poche centinaia di metri le decine di migliaia di storni che «colonizzano» interi quartieri. È il caso del cosiddetto «grido d’angoscia», che riproduce l’allarme lanciato dallo storno-sentinella e lo diffonde grazie a grossi amplificatori: si tratta di una soluzione scelta su indicazione delle associazioni ambientaliste e animaliste che, però, ha scarsa efficacia.
Quest’anno, inoltre, alcune regioni hanno incluso lo storno tra le specie cacciabili, adottando provvedimenti in deroga rispetto alla legge nazionale che regola la materia.
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