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Lo strappo di Baldini: «O valgo la medaglia o non vado a Pechino»

«Negli Stati Uniti cerco il trampolino per i prossimi dieci mesi. Ma voglio correre ai Giochi solo se sarò al 100 per cento Altrimenti farò meglio a restare a casa»

Asciutto, ma tanto asciutto da far la gioia di un dietologo. Campione olimpico, ma visto così potrebbe indurre al cattivo pensiero: lo sport fa male. Invece Stefano Baldini è uno di quelli che insiste a dimostrare che lo sport fa bene e la maratona è la corsa della sua eterna giovinezza. Ci riprova dopo un anno di illusioni perdute: appuntamento il 4 novembre a New York, su e giù, attraverso il ponte di Brooklyn, la grande mela, immerso in quell’immenso fiume umano. Avrà la compagnia di 3000 italiani, mica pochi. Andrà a caccia dei 130mila dollari destinati al vincitore (65mila per il secondo, 40mila per il terzo), farà gruzzolo con l’ingaggio.
Ma non sarà solo una corsa all’oro. Baldini insegue l’ultima sua età dell’oro, per capire se potrà davvero difendere quella medaglia conquistata ad Atene. L’idea è chiara, lo ha raccontato ieri a Milano, negli austeri saloni dell’Arena davanti a George Hirsch, il presidente della New York Runners, giunto apposta dalla City per celebrare forse l’ultima presenza americana del nostro. «La maratona di New York dovrà essere il trampolino di lancio per i dieci mesi che mi condurranno ai Giochi di Pechino».
Pechino, l’Olimpiade, sono le mete finali. O quasi. Baldini ci andrà, ci andrebbe anche zoppo. Ma l’orgoglio non gli permetterebbe il passo falso. Dopo il successo di Atene disse: «Questo oro sarà la molla per farmi continuare fino a Pechino». Stessa idea oggi, ma con una postilla: «Voglio correre ai Giochi solo se sarò al 100%. O quasi. Sennò non avrebbe senso andare». Ricorda che quella del 2006 è stata una splendida stagione. «Seconda solo a quella del 2004». Ma gli scricchiolii di quest’anno hanno incrinato certezze e pensieri. S’avvicina la fine della storia. Baldini sa già che non correrà più in Italia. «Milano nel 2008? Significherebbe che d’estate sarebbe andato tutto male». Estate uguale Giochi olimpici: non c’è altro pensiero. Esserci o non esserci? New York dovrà essere la cura rivitalizzante. «Non ci saranno lepri: per me sarà meglio. La gara sarà più combattuta, da studiare bene. Sono emozionato, sarà un giorno importante dopo le difficoltà avute a Londra dove non ho terminato la gara».
Sarà la sua sesta maratona di New York: un bel curriculum. L’anno scorso arrivò sesto, nel ’97 terzo. Da 11 anni non vince un italiano. Potrebbe togliersi lo sfizio che lo renderebbe immortale per tutto il grande mondo delle maratone: New York non ha immortalato mai alcun vincitore delle Olimpiadi. Strano, vero? Per Baldini non più di tanto. «A New York corrono tantissimi campioni, c’è un turn over che destabilizza i valori, sbucano sempre africani sconosciuti, anche se un vincitore olimpico dovrebbe essere adatto al percorso». Infatti la maratona della grande mela è fortemente impegnativa. «New York - spiega Baldini - è più difficile di Atene. Là c’era strada dritta, asfalto bello, una leggera discesa negli ultimi 10 chilometri. A New York ho sempre sofferto i cambi di ritmo, gli strappi violenti. Ormai è difficile correre gare in rimonta». Detto così è una sorta di testamento. Ma il campione crede ancora alla bellezza del suo sport. «Visti i comportamenti in certi sport di squadra (Dida? ndr.), quelli come me possono essere ancora d’esempio». A proposito: da grande Baldini vuol fare il giornalista. «È più facile che correre».

Certo, per chi scrive con i piedi.

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