Lo strappo di Rutelli: «È solo un’ipocrisia I giovani protestino»

Il leader Dl in polemica con il premier: «Con l’età media che cresce andare in pensione a 57 anni è fuori dai tempi»

da Roma

«C’è un’ipocrisia nazionale in cui stiamo affogando tutti». Il vicepremier, Francesco Rutelli, sta partecipando a un pubblico dibattito con dei giovani quando gli viene proposto il tema pensioni. Il presidente del Consiglio Prodi ha da poco ribadito al Tg3 il «doveroso» impegno ad abolire lo scalone.
Il leader della Margherita non la pensa allo stesso modo e non la manda a dire. Con perfetto tempismo domanda alla platea: «Ma quanta gente conoscete che va in pensione a 57 anni e smette di lavorare?». Si leva un coro di no. «Pochi, pochissimi. Il 90% fa una seconda attività», aggiunge. Con l’aumento dell’età media di vita, spiega, andare in pensione a 57 anni è «fuori dai tempi», è una «fotografia di una società che non esiste più».
Visto l’uditorio composto in prevalenza da ragazzi, rincara la dose. «Sono molto sorpreso dal fatto che non sia ancora nato un movimento di trentenni che manifestino contro la possibilità di andare in pensione a 58 anni», afferma. «Sono sbalordito che chi ha un lavoro precario e rischia di non avere una pensione non lanci un’azione politica che dica a tutti, anche al sindacato: “ma noi come facciamo che le casse dell’Inps rischiano di essere vuote?”».
«Questo non è accettabile - conclude - dobbiamo trovare un equilibrio, una possibilità di uscita dal lavoro che permetta un’attività per le persone che vanno in pensione. I ragazzi di oggi che vedono la prospettiva di una pensione sociale di 600 euro o di 670 euro con i contributi che dovrebbero fare?». Il Rutelli-pensiero è chiaro e si inserisce nel filone riformista i cui vessilliferi sono i vari D’Alema, Dini e compagnia cantante. «Ma con Rifondazione e i sindacati si raggiungerà l’obiettivo», gli domandano. «Penso di sì, penso che ce la faremo», replica. Tanto più che è stato proprio lui a chiedere di trattare la questione previdenziale nel Consiglio dei ministri di oggi.
L’ottimismo rutelliano si contrappone ai peana della sinistra radicale. Per Cesare Salvi (Sd) Prodi ha fatto un «intervento molto positivo». Il segretario del Prc, Franco Giordano, ha ricordato che il premier «ha ribadito quanto scritto nel programma dell’Unione». Idem Pino Sgobio del Pdci. Il problema è sempre quello: i toni oracolari del premier si prestano a molteplici interpretazioni. E così anche il responsabile economico della Margherita, Tiziano Treu, vi legge «una cosa simile agli scalini».
Se il presidente del Consiglio in tutti questi giorni non avesse voluto tranquillizzare la sinistra radicale, non si spiegherebbe l’irrequietezza dei frondisti D’Amico, Morando, Polito e Follini pronti a far «morire» il governo al Senato sulle pensioni. Non si spiegherebbero le richieste di vertici da parte di Udeur e Italia dei Valori. Non si spiegherebbe la contrarietà all’ammorbidimento dello scalone del ministro del Commercio internazionale, Emma Bonino. O di un ex radicale come Daniele Capezzone. «Il mio voto per questa controriforma non ci sarà», ha dichiarato.
Il marasma è tale che l’Udc a Palazzo Madama ha pensato di approfittarne. Il presidente dei senatori centristi D’Onofrio ha presentato una mozione che chiede al governo di confermare lo scalone della legge Maroni, il graduale innalzamento dell’età pensionabile per le donne e una revisione dei coefficienti «con appositi aggiustamenti».

Il clima è effervescente e la mozione potrebbe anche passare. Anche per questo motivo il capogruppo del Prc Russo Spena l’ha bollata come «un trucco per dividere la maggioranza». A prima vista, la vera mandrakata sarebbe riuscire a tenerla unita.

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