Roma Salgono in dodici e trovano uno zio affettuoso e burbero, un po’ come Sandro Pertini, che li accoglie nei salotti buoni, li ascolta, li elogia pure, e «si congratula» perché la manifestazione stavolta, almeno a Roma, è stata talmente tranquilla da ricevere i complimenti persino dal Viminale. Ma poi quello zio, senza troppi giri di parole, improvvisamente li mette spalle al muro: «Tutto bene, però in futuro dovete stare più attenti. Protestare è un diritto, ma se non riuscite a prendere fermamente le distanze dai gruppi violenti, la vostra battaglia sarà comunque perdente». E anche sulla legge contesta, inutile insistere, «sapete quali sono le mie prerogative, non posso non firmarla».
Bastone dunque, non solo carota. Ma stare lì sul Colle, per gli studenti in lotta contro la riforma Gelmini, è comunque un successo, una legittimazione. «Il presidente della Repubblica è l’unico nostro interlocutore istituzionale, l’unico che in qualche modo ha preso atto delle nostre istanze», dichiara la Rete della conoscenza nel primo pomeriggio, al momento dell’invito. E alla fine dell’incontro, i dodici universitari si dichiarano molto soddisfatti: «Il capo dello Stato ha compiuto un gesto importante, ha riconosciuto che esiste un movimento. Lo ringraziamo, è stato il solo a volerci ascoltare e a trattarci da adulti».
«Ascoltare» appunto, questa è l’intenzione di Giorgio Napolitano, che non intende sostituirsi al governo ma che, come ha detto lunedì sera durante gli auguri di Natale con le alte cariche della Repubblica, vuole «aprire nuovi canali di comunicazione con i ragazzi». C’è in Italia «un malessere concreto, per la disoccupazione, l’incertezza del futuro e l’inadeguata formazione, guai a sottovalutarlo», ed è così che «dobbiamo leggere anche le recenti contestazioni, non riferibili a un singolo provvedimento». Ma ascoltare non significa per forza condivisione, infatti Napolitano si guarda bene dallo sbilanciarsi sui contenuti della riforma. Dice soltanto che, visto che solo protestare non basta, «leggerà volentieri, quando ci saranno» le proposte del movimento e ripete, come concetto generale, che «la cultura e la formazione hanno risorse palesemente insufficienti».
Nel merito della legge invece, niente da fare. Gli studenti chiedono al capo dello Stato di non controfirmarla, lui risponde ricordando i suoi poteri e citando la Costituzione. «La cosa più importante - queste le parole di Napolitano - è mantenere aperto il dialogo». Da qui l’impegno a sensibilizzare il mondo politico e la richiesta di mettere nero su bianco un progetto alternativo di riforma».
Finisce dopo un’ora e con la promessa di rivedersi. Il presidente infatti vuole «essere messo al corrente direttamente» degli sviluppi. «Adesso è il governo che deve aprire al dialogo», dice Luca Cafagna, 26 anni, iscritto a Scienze politiche.
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