
Il delitto di Garlasco ogni giorno, a distanza di diciotto anni, ci consegna un colpo di scena. Ma mai avrei pensato di entrare a fare parte, io umile cronista, di questo intricato giallo, che gli italiani stanno seguendo con passione per scoprire chi sia il vero assassino di Chiara Poggi e, soprattutto, perché questa giovane sia stata ammazzata in modo tanto brutale, in quanto il movente non è mai emerso. E, pur senza un movente, un ragazzo, di cui non mi stancherò mai di sostenere l'innocenza, è stato condannato in terzo grado, dopo due assoluzioni.
Confesso che mi ha lasciato sbigottito apprendere che tale Ermanno Cappa, zio di Chiara Poggi nonché padre delle gemelle Stefania e Paola, nel 2007 congiurasse contro di me allo scopo dichiarato di mettermi a tacere, con la collaborazione di individui a me sconosciuti che ricoprivano allora ruoli istituzionali all'interno di Camera e Senato. Cappa si sarebbe recato a Roma per incontrare costoro, rassicurando moglie e figlie prima della partenza circa il fatto che avrebbe provveduto egli stesso in tal modo a risolvere la questione, pianificando un metodo per attaccarmi e zittirmi. La mia colpa? Quella di fare il mio mestiere, occupandomi in quei giorni dell'omicidio di Garlasco, proprio come facevano tutti i media e tutti i miei colleghi. All'avvocato Cappa non andava evidentemente bene che non propendessi per l'assoluta colpevolezza di Alberto Stasi, fidanzato della nipote uccisa, bensì sollevassi parecchi dubbi in merito al coinvolgimento di questo bravo giovane nella vicenda. Non comprendo perché uno zio, al quale dovrebbe interessare conoscere la verità riguardante l'assassinio della nipote, dovrebbe prendersela con un giornalista qualunque che approfondisce il caso, sviscerando i fatti. Il che insospettisce non soltanto gli inquirenti, ma anche me. Cosa temeva la famiglia Cappa? E perché tuttora, stando ad alcuni vocali di Paola Cappa, la sorella Stefania sarebbe andata fuori di testa e si sarebbe barricata in casa sconvolta dopo che io ho affermato, proprio di recente, che sarebbe opportuno rifare il processo perché Stasi è, a mio giudizio, innocente?
Tali reazioni mi lasciano alquanto perplesso. Ma soprattutto non comprendo come un operatore del diritto, ossia un avvocato, possa possedere tale disprezzo verso il principio principe del diritto penale, sancito pure dalla nostra Costituzione, ossia quello della presunzione di innocenza. Era questo principio che io difendevo, non avevo alcun interesse a difendere Stasi. Semplicemente ritenevo e ritengo che non ci fossero elementi a carico dell'allora indagato Alberto, che pure i Cappa reputavano e volevano già colpevole. Dunque, ripeto, perché mai lo zio di una vittima di omicidio dovrebbe prendersi il disturbo di contattare suoi presunti amici deputati e senatori, i briganti, e raggiungerli nella Capitale per chiudere il becco ad un cronista?
Questa intenzione non rivela soltanto paura della verità, ma anche una grave ignoranza del diritto, sebbene Cappa sia un giurista. Infatti, come potrebbe il potere politico, se potere vogliamo chiamarlo, cucire la bocca ad un giornalista? Perché un direttore di giornale dovrebbe temere un senatore o un deputato al punto di rinunciare a fare il suo lavoro per via di una telefonata o di una pressione?
Quale confusione alberga nella mente di questo signore! Davvero egli crede che io mi possa emozionare o possa spaventarmi se un parlamentare mi intima di farmi gli affari miei? Il signor Cappa sa che l'intimidazione è reato? Il signor Cappa sa che la minaccia è reato? L'avvocato Cappa sa che qualsiasi ingerenza volta a condizionare la libertà di informazione costituisce reato? Evidentemente il signor Ermanno ignora tutto questo, pur avendo una laurea in giurisprudenza, che probabilmente gli serve solo per ornare il muro del suo ufficio. Vivo da anni sotto scorta, ho subito ricatti, sono stato spesso macellato per il mio pensiero, ma ho continuato a esprimerlo alla mia maniera, ho superato pure un cancro e mai nulla mi ha fermato. Davvero il signor Cappa si illude di potermi ammutolire con il suo drappello di soldatini di cartapesta senza infamia e senza lode? E, in particolare, mi domando: attraverso quali strumenti, metodi, azioni, si intendeva perseguire codesto fine, ovvero quello di pormi fuori gioco? Diffamandomi? Come se mi importasse qualcosa delle cattive recensioni, che colleziono e incornicio da tutta quanta la vita. O forse ammazzandomi? Ebbene, non esisterebbe altra soluzione per impedirmi di dire la mia.
La famiglia Cappa, congiunta alla famiglia Poggi, dovrebbe auspicare che sia fatta luce sulla scomparsa violenta di Chiara.
L'ostruzionismo che ha praticato, che si è spinto al punto di architettare strategie per togliermi la penna dalle mani e anche la voce, ovvero di ostacolare la libera informazione, è più consono ai carnefici che alla vittime. Mal si adatta a zio e cugine.
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