
"Come sarebbe stato meglio morire all'Amba Alagi, ma ora capisco che sarebbe stata solo vanità. Bisogna anche saper morire in un letto di ospedale, in mano al nemico". C'è stato un tempo in cui le guerre, da sempre insperate e immutabilmente cruente, erano condotte da uomini straordinari, con straordinarie storie.
Uomini che, attraverso i loro atti di coraggio, non di rado folli e vani, meritavano il massimo rispetto del nemico che, anche nella "guerra totale" imposta dai tempi moderni e letali, riscopriva l'antica tradizione, riscopriva l'antica tradizione dell'offrire, assieme alla resa, l'onore delle armi. Un onore cavalleresco conferito dal vincitore di una battaglia per rendere omaggio al valore di un avversario sconfitto.
Fu questo il caso di Amedeo di Savoia, duca d'Aosta e del manipolo di uomini che eroicamente resistettero al suo fianco sull'Amba Alagi. L'altura etiope che si staglia in posizione strategica nella regione del Tigré, e che fu teatro di due leggendarie battaglie combattute dal Regio Esercito d'Italia.
La strenua resistenza sull'Amba Alagi
Nei primi mesi del 1941, le truppe regie furono travolte dalla controffensiva del contingente britannico che aveva condotto una serie di offensive per guadagnare terreno nel Corno d'Africa e cancellare di fatto dalle mappe quello che era stata l'AOI, l'Africa Orientale Italiana.
Dopo la caduta di Addis Abeba, gli italiani continuarono a ripiegare incalzati dagli inglesi, e Amedeo duca d’Aosta, viceré della colonia e governatore generale dell’Africa Orientale Italiana dal 1937, si trovò alla testa di una forza composta da 7.000 uomini, tra carabinieri, avieri e marinai reduci della base di Assab sostenuti da circa 3.000 militari delle truppe indigene, i celebri àscari. La decisione, per alcuni "inspiegabile e irrazionale", fu quella di fortificare e asserragliarsi sull'Amba Alagi. Lo stesso monte dell'ecroporo etiope dove era stato completamente annientato, il 7 dicembre 1895, il presidio italiano comandato dal maggiore Pietro Toselli, composto da 2.300 uomini tra nazionali ed indigeni, e assalito da circa 30.000 abissini.
Ben presto anche lo schieramento italiano del Duca d'Aosta venne stretto d'assedio dalle forze soverchianti del generale Alan Cunningham, che poteva contare su 39.000 uomini. Dal 17 aprile al 17 maggio, i soldati italiani e gli àscari, condussero una storica resistenza, pur sapendo che le scorte d'acqua e viveri sarebbero terminate nella migliore delle ipotesi entro due mesi dall'inizio dell'assedio. Dalla caverna-bunker il Duca Amedeo condusse le difesa del massiccio, posto sotto l'intenso bombardamento dei britannici che tentarono l'assalto da più fronti, conquistando una dopo l'altra le cime minori su cui gli italiani si erano attestati per difendere la posizione.
La resa del Duca di Ferro nella seconda battaglia dell'Amba Alagi
Già alla fine della prima settimana di maggio, il numero dei feriti che non trovavano più riparo e assistenza adeguati, e la mancanza d'acqua, spinsero il Duca di Ferro a negoziare la resa con gli inglesi. Ferito da una scheggia, Amedeo Savoia Aosta, contrattò i termini della sera il 16 maggio, vedendo respinte le richieste più inaccettabili, ma ottenendo l'onore delle armi.
Il giorno seguente, il generale Volpini e il maggiore Bruno, scortati da due carabinieri, si avviarono verso le linee inglesi per prendere contatto con il comando avversario, ma vennero assaliti da un manipolo di irregolari etiopi che combattevano al seguito del contingente anglo-indiano comandato da Cunningham. Duramente colpito dall'assassinio del drappello che aveva abbandonato le posizioni difese per trattare la fine delle ostilità, il Duca reclamò le spoglie dei compagni d'armi per poter svolgere dei solenni funerali con tutti gli onori, prima di annunciare la resa e abbandonare le posizioni con l'intera guarnigione. Il Servizio Informazioni Militari, i nostri servizi segreti, prese nota dell'offerta fatta agli ascari di poter abbandonare le armi e tornare alle loro famiglie evitando la prigionia. Si dice che appena una dozzina di uomini accolsero l'offerta.
L'onore delle armi per gli italiani sconfitti
Come da tradizione militare, si dice risalente addirittura ai tempi degli Antichi Romani, il 19 maggio del 1941 la guarnigione dell'Amba Alagi sfilò di fronte ai reggimenti degli West Yorkshire e degli Highlander Light Infantry che presentavano le armi con la baionetta innestata agli italiani e agli ascari che li passavano "in rassegna". Ricevevano così l'onore delle armi. Alla loro testa, il comandante che disceso il Passo Toselli, fu accolto dal generale Mayne e del brigadier generale Marriot.
Prima di compiere questo epico momento il Duca decise di sostare sul luogo di sepoltura del generale Volpini, l'amico di una vita, barbaramente trucidato dagli abissini. Qui pianse amaramente baciando un pugno di terra che pose nel tumulo dell'amico con un biglietto in una bottiglia dove scrisse: "Qui riposa il generale di divisione Giovanni Battista Volpini, morto ad Amba Alagi il 17 maggio 1941". Durante la prigionia scrisse le memorie di quei giorni. "Il mio comando è finito. L' angoscia e il dolore di soldato, in questa ora tragica è immenso; ma ho il conforto di aver fatto tutto il mio dovere, di cadere in piedi, con onore. Non potevo tenere un' ora di più. (...) il nemico ha reso onore al nostro valore ed i miei soldati possono essere fieri di aver combattuto sull'Amba Alagi. L'atto finale è stato eroico e l'epilogo ordinato e pulito. Ringrazio Iddio di avermi concesso questa consolazione nel grande dolore di questi giorni, nei quali ho perduto l'ultima battaglia, per ora, e il mio compagno adorato". Insignito della Medaglia d'oro al valore militare Sarebbe morto il 3 marzo del 1942 per il contagio da malaria e la tubercolosi contratta nel campo di prigionia keniota di Dònyo Sàbouk, nei pressi di Nairobi.
Echeggiava distante tra Macallé e Addis Abeba, tra l'Etiopia e l’Eritrea, ancora una volta il pensiero “..Or da quel sangue che ferve ancor sorge la fiamma del tricolor”, come dopo la prima battaglia dell'Amba Alagi, celebrata dalle canzoni.
A Roma, il Ponte Principe Amedeo Savoia Aosta dove spicca il celebre "nodo" sormontato dalla corona, è dedicato alla sua eterna memoria. Le sue spoglie riposano invece nel sacrario militare di Nyeri, accanto a quelle di altri 676 soldati italiani.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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