
Ci risiamo. Donald Trump torna a mettersi l'elmetto nella battaglia commerciale contro Bruxelles e «raccomanda» dazi del 50% sull'Unione Europea a partire dal primo giugno. La minaccia è arrivata con un post sul social Truth con questa giustificazione: «È sempre stato difficile trattare con l'Unione europea, creata con lo scopo principale di trarre vantaggio dagli Stati Uniti in ambito commerciale», ha scritto Trump. «Le sue potenti barriere commerciali, le imposte sull'Iva, le ridicole sanzioni aziendali, le barriere commerciali non monetarie, le manipolazioni monetarie, le cause legali ingiuste e ingiustificate contro le aziende americane e altro ancora hanno portato a un deficit commerciale con gli Stati Uniti di oltre 250.000.000 di dollari l'anno, una cifra totalmente inaccettabile. Le discussioni» con la Ue «non portano a nulla!». Nelle stesse ore a parlare è stato anche il segretario al Tesoro Scott Bessent: in un'intervista a Fox News ha spiegato che le proposte della Ue sui dazi «non sono buone come quelle presentate da altri Paesi». I negoziati «sono a buon punto con l'India» e anche quello con il Regno Unito «è un buon accordo», così come sono arrivate buone proposte da «diversi Paesi asiatici. Ci sono 18 partner commerciali e la maggior parte sta negoziando in buona fede, ad eccezione di Bruxelles. Spero che questo accenda una scintilla nella Ue», ha aggiunto.
Di certo, ai piani alti della Commissione guidata da Ursula von der Leyen si è acceso l'allarme rosso. Nessun commento dalla presidente mentre il commissario Ue al Commercio, Maros Sefcovic, ha avuto una telefonata già in agenda - con uno dei due capi negoziatori Usa, Jamieson Greer. Quanto ai singoli Stati, la Francia invoca la «de-escalation» ricordando tuttavia che l'Unione europea è pronta «a rispondere», ha scritto su X il ministro delegato per il Commercio estero, Laurent Saint-Martin. A Berlino il ministro degli esteri tedesco, Johann Wadephul ha dichiarato che i dazi del 50% «danneggiano le economie di entrambi i mercati» ma «continuiamo a fare affidamento sui negoziati» condotti dalla Commissione. «La situazione resta dinamica», ha detto Michal Baranowski, sottosegretario al Commercio della Polonia che ha la presidenza di turno Ue.
In serata, però, ecco l'intervento glaciale - di Trump: «Non cerco un accordo con l'Ue. Voglio dire, abbiamo stabilito l'accordo. È al 50 per cento», ha detto ai giornalisti alla Casa Bianca quando gli è stato chiesto se sta cercando di ottenere concessioni dall'Europa. La doccia fredda arriva a meno di due settimane dall'accordo tra Usa e Cina che aveva rassicurato gli investitori globali. Dopo i crolli post Liberation Day del 2 aprile, ieri le Borse sono invece tornate a tremare. A pochi secondi dall'annuncio di Trump, i listini europei sono stati bersagliati dalle vendite per poi recuperare terreno nel corso della giornata. La seduta è stata comunque archiviata in rosso: a Milano il FtseMib ha ceduto l'1,94%, Parigi ha perso l'1,65%, Francoforte l'1,54%, Madrid l'1,33% mentre Londra, al riparo grazie all'accordo siglato l'8 maggio con Washington, ha segnato un -0,24 per cento. La minaccia del presidente Usa è costata alle piazze del Vecchio Continente 183 miliardi in termini di capitalizzazione. «Ci vuole calma, perché il rischio è che continuiamo a bruciare miliardi nelle nostre Borse», ha commentato il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, augurandosi «un negoziato veloce».
Giù anche Wall Street, dove in apertura il Dow Jones perdeva l'1,1%, il Nasdaq l'1,68% e l'S&P500 l'1,15 per cento. A pesare è stato anche l'altro annuncio fatto dal presidente americano che ha paventato dazi del 25% se Apple non produrrà gli iPhone negli Stati Uniti (stessa minaccia indirizzata, in serata, anche a Samsung).
Intanto, la legge di bilancio approvata dalla Camera bassa è destinata ad aumentare il deficit del bilancio federale più del previsto, dopo che il declassamento da parte di Moody's ha acceso i riflettori sull'insostenibile emissione di debito da parte del Tesoro. E questo buco nero spaventa i mercati più dei dazi.
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